Il Presidente Mattarella a Pesaro 2024 Capitale italiana della cultura

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Vallefoglia - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia d'inaugurazione del Teatro G. Santi di Vallefoglia, oggi 20 gennaio 2024.. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

(mi-lorenteggio.com) Pesaro, 20 gennaio 2024 -Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto alla giornata inaugurale di Pesaro Capitale italiana della cultura 2024.

La manifestazione, condotta da Paolo Bonolis, ha visto gli interventi del Sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, del Presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, del Vice Sindaco di Pesaro e Assessore alla bellezza, Daniele Vimini, del Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

Il messaggio della senatrice Liliana Segre è stato letto da Lucia Ferrati e Mariangela Gualtieri ha letto la poesia inedita “Esortazione urbana e planetare”.

La cerimonia è proseguita con l’intervento dal titolo “La natura della cultura” di Agostino Riitano, Direttore artistico di Pesaro capitale italiana della cultura 2024 e con la proiezione di un filmato “The Human Cell ATLAS”, a cura di Ouchhh in collaborazione con il CERN di Ginevra.

L’intervento del Presidente Mattarella ha concluso la cerimonia inaugurale.

Nell’occasione, il Capo dello Stato ha inaugurato il Teatro G. Santi di Vallefoglia.

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Rivolgo un saluto di grande cordialità a tutti i presenti, al Ministro della cultura, al Presidente della Regione, a tutti i Sindaci presenti.

Un saluto e un augurio particolari al Sindaco di Pesaro e, suo tramite, a tutti i pesaresi. I cittadini di Pesaro e dei Comuni raccordati si apprestano a vivere – con curiosità, con speranza, certamente anche con motivato orgoglio – quest’anno da “Capitale italiana della cultura”.

Ringrazio per gli interventi che si sono sono succeduti, così coinvolgenti; e ringrazio Paolo Bonolis per la brillante conduzione, per la guida che ci ha assicurato.

Invio un saluto riconoscente alla Senatrice Segre per il messaggio che ci ha donato.

Lo splendido video che abbiamo appena visto, raccordato con i pannelli dei presenti in tribuna, si è aggiunto alla magnifica esecuzione dell’ouverture de “la Gazza ladra” dell’orchestra Olimpia; si è aggiunto alla poesia che ci ha donato Mariangela Gualtieri.

Tutto questo ha fornito un’anticipazione di quel che accadrà negli eventi previsti dal ricco programma che oggi viene aperto.

Da Bergamo e da Brescia giunge qui il testimone, reso ancor più prezioso da quanto è stato realizzato nel 2023 e dall’interesse che, nel corso dell’anno trascorso, le due città – unite da una così grande sofferenza durante la pandemia – hanno saputo insieme suscitare dentro e fuori il nostro Paese, avvalendosi della propria storia e delle tante risorse che hanno presentato e valorizzato.

L’Italia raccoglie un gran numero di luoghi della cultura: dai centri più remoti della nostra provincia a importanti città. Questa catena è molto più di una teoria di siti esposti in vetrina, indicati come da scoprire e visitare.

È l’espressione della pluralità delle culture che fanno così attraente la nostra Patria e che rendono inimitabile la nostra identità.

Si tratta un percorso di grande valore che attraversa l’Italia e mette in evidenza le radici antiche e robuste di ciascuno dei nostri luoghi e dei nostri centri.

Radici che vanno, quindi, valorizzate e preservate, nella loro peculiarità.

Radici che, tutte insieme, contribuiscono a definire l’immagine del nostro Paese.

L’Unità d’Italia ha trovato con la Repubblica e il conseguente rispetto del sistema delle autonomie – per millenni, tanta parte della nostra tradizione – la possibilità di raccogliere il meglio delle tradizioni civiche delle nostre popolazioni e di esprimerle e consolidarle nei valori di coesione sociale alla base del nostro patto costituzionale.

È la cultura espressa in tutti i questi luoghi, con le sue diverse sensibilità e la sua irriducibilità a pretesi stereotipi, a essere alla base di tutto questo.

La cultura. Libera da ogni ideologia, mai separata dalla vita quotidiana e dall’insieme dei diritti e dei doveri scanditi dalla Costituzione. Diritti e doveri che ci rendono e ci fanno sentire partecipi della comunità nazionale; cui conferiamo vita con le nostre diversità.

Quella cultura che, proprio per la natura dei processi storici che hanno caratterizzato il progressivo divenire dell’Italia, è fatta di rapporti con i Paesi vicini, con gli altri popoli, con le aspirazioni proprie alla dimensione europea. 

La cultura delle cento Corti, dei Comuni autonomi, dei tanti mecenati che hanno dato vita all’impareggiabile patrimonio di cultura che oggi l’Italia offre al mondo.

Una civiltà fondata sull’umanesimo, che parla al mondo essendo riuscita a porre alle proprie fondamenta la dignità e la libertà della persona, l’uguaglianza dei diritti, la partecipazione solidale al bene comune.

Tutto questo è stato costruito nei tempi lunghi della storia e trova testimonianza nelle opere pittoriche, nelle sculture, nei libri, nella musica, in ogni forma d’arte, negli spettacoli, nell’architettura dei palazzi, negli ordinamenti che compongono l’immenso patrimonio di cui disponiamo.

Da questo patrimonio, dalla civiltà che ne è derivata, viene un appello alla responsabilità.

Responsabilità di capitalizzare il valore della libertà della cultura oggi e per l’avvenire, insieme alla consapevolezza che si tratta di un patrimonio indivisibile per tutta l’umanità.

Attraversiamo una stagione difficile, per molti aspetti drammatica, in cui l’uomo sembra, ostinatamente, proteso a distruggere quel che ha costruito, a vilipendere la propria stessa dignità.

Le guerre che si combattono ai confini d’Europa ci riguardano.

Non soltanto perché il vento delle morti, delle distruzioni, degli odi percorre le distanze ancora più rapidamente di quanto non facciano le armi e incide sulle nostre esistenze, sulle nostre economie e soprattutto sulle nostre coscienze.

Ci riguardano perché l’Europa, rinata nel dopoguerra, ha iscritto la parola pace nella sua identità.

L’Europa è tornata a vivere con la pace e nella pace.

La straordinaria stagione di creatività culturale della seconda metà del Novecento è figlia di quella scelta.

Quella promessa di pace ha generato libertà e uguaglianza, consentendo anche di rianimare la parola “fraternità” – che la Rivoluzione francese aveva issato sui pennoni, e poi oscurata nell’evolvere dei conflitti sociali, dagli insorgenti nazionalismi, dalla pretesa di ridurre ”ad unum” il volere dei popoli, dalle volontà di potenza.

Questioni cruciali, queste, che chiamano alla responsabilità i governanti.

Responsabilità che coinvolge le comunità e le persone, non meno degli Stati.

Ma la pace è anche un grande tema che riguarda la cultura.

La cultura è un lievito che può rigenerare la pace. E con essa i valori umani che le guerre tendono a cancellare, annegandoli nell’odio, nel rancore, nella vendetta, indotti dagli estremismi nazionalistici.

In questo momento parlare di cultura, pensare la cultura, trasmettere cultura vuol dire alzare lo sguardo, per un compito di grande portata.

Perché la cultura è paziente semina, specialmente nelle nuove generazioni.

Perché la cultura è beneficamente contagiosa e permette di riflettere sulla storia per non ricadere negli errori del passato.

Permette di ammirare la bellezza, l’arte, l’ingegno, consapevoli che l’estetica non può separarsi da un’etica di rispetto per la persona.

Pesaro si è assunta questo compito, proponendo come tema per il suo anno da capitale: “La natura della cultura”.

La natura, il suo equilibrio da ricostituire, la riconciliazione con l’ambiente, gravemente violato e sfruttato, sono anch’essi obiettivi urgenti di civiltà e di pace.

La distruzione di risorse non può essere gabbellata come sviluppo ma va indicata come regressione.

La sostenibilità è un nome della pace.

Cultura è conoscenza. Ma anche coscienza.

Ci vogliono intelligenza e coraggio per battere strade nuove.

Pesaro si propone quest’anno di far interagire arte, natura e tecnologia.

“Artigiani dell’immaginario” è uno degli slogan per unire il fare, proprio all’artigiano, con la cultura immateriale, con la creatività.

Tanti verranno a Pesaro, da ogni parte d’Italia, d’Europa, da altri luoghi, per incontrarvi, per conoscere il vostro patrimonio storico-artistico.

È una conseguenza di quella circolarità della cultura che non sopporta restrizioni o confini, che pretende il rispetto delle opzioni di ogni cittadino, che respinge la pretesa, sia di pubblici poteri o di grandi corporazioni, di indirizzare le sensibilità verso il monopolio di un pensiero unico.

Se la cultura è sapere, creatività, emozione, passione, sentimento, ebbene, è il presupposto delle nostre libertà, inclusa quella di stare insieme.

Pesaro è ricca di retaggi culturali e il progetto che coinvolge cinquanta Comuni della Provincia amplierà ancora di più le opportunità di questo anno straordinario.

Un posto d’onore appartiene a Gioachino Rossini, uno dei grandi della musica europea, compositore innovativo, geniale, ironico, simbolo affascinante dell’Italia che stava sorgendo.

Per Pesaro, certamente, la prossima sarà una stagione rossiniana del tutto particolare.

Oltre che eredità del passato la cultura è soprattutto presente e futuro, non semplice consumo di ciò che è casualmente disponibile: è un passaggio di testimone da una generazione all’altra. 

Il passaggio del testimone è uno dei compiti più importanti che appartengono a una comunità e alla sua civiltà.

Un grande momento di civiltà, oltre che un dovere.

Fare cultura significa creare opere dell’ingegno.

“Il fatto che si continui a sognare – ha scritto l’antropologo Roger Bastide – conferma che la creazione resta da completare”.

Per Pesaro inizia, quindi, oggi, un sogno operoso.

Un sogno sorretto dall’impegno di realizzazioni concrete.

Buon anno da Capitale italiana della cultura per il 2024!

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