IN DUOMO MONS. ROBERTO CAMPIOTTI, SACERDOTE DELLA DIOCESI, ORDINATO VESCOVO DI VOLTERRA

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(mi-lorenteggio.com) Milano, 26 febbraio 2022 – In un Duomo di Milano affollato anche da molti pellegrini in arrivo da Volterra, mons. Roberto Campiotti ha ricevuto l’ordinazione episcopale dalle mani di mons. Delpini, Arcivescovo di Milano, e dai vescovi con-consacranti mons. Alberto Silvani, predecessore di Campiotti, e mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano.

Il nuovo vescovo della Diocesi toscana, nato a Varese nel 1955, è un sacerdote ambrosiano ordinato nel 1979 e, dopo alcune esperienze come vicario parrocchiale e un lungo periodo come parroco a Sumirago (Varese), dal 2010 era Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale San Carlo Borromeo di Roma (qui la biografia completa: https://bit.ly/3558NMS).

«Le letture scelte da mons. Campiotti per la celebrazione sono piene di domande – ha riflettuto mons. Delpini nell’omelia -. Ecco: l’ordinazione di un vescovo è l’occasione per porre domande. Di fronte alle troppe sicurezze, così perentorie e così fragili, di fronte a quell’imperialismo dei luoghi comuni che inducono a pensare che siano ovvie anche scelte e pensieri che incrinano le fondamenta del convivere e dell’umanesimo, la Chiesa pone domande».

Le domande contenute nella Lettera di Paolo ai Romani e nel Vangelo di Giovanni – ha spiegato l’Arcivescovo – sono domande per il Vescovo, ma anche per tutta la Chiesa. «Gesù domanda: “è l’amore la ragione per cui prendi la parola a nome di tutti? È l’amore la ragione per cui sei ricordato come il primo dei discepoli? Mi ami tu più di costoro?”, chiede Gesù. E lo stesso chiedono il vescovo e la Chiesa a coloro che hanno nella comunità ruoli di responsabilità». E citando la lettura di san Paolo, l’Arcivescovo ha proseguito: «Dove volgi lo sguardo per alimentare il tuo desiderio, per orientare il tuo cammino? Hai rivolto lo sguardo a Colui che è stato trafitto per entrare un poco nel mistero dell’amore? Oppure il crocifisso è confinato tra i simboli di una tradizione anacronistica, è un elemento ornamentale per le tue case, le tue chiese?».

E mons. Delpini ha concluso: «Credo che faccia bene alle nostre Chiese sentirsi inquietare dalle domande. Forse anche così la Chiesa svolge la sua missione. Certo non viene meno alla responsabilità del magistero. Ma in questo nostro tempo dominato da parole d’ordine senza pensiero, dal pensiero triste senza speranza, dalla difesa della confusione e dell’arbitrio come fossero condizioni per la libertà, la Chiesa e nella Chiesa il Vescovo si propongono con umiltà, mitezza, gentilezza. Pongono domande».

Nel suo intervento al termine della celebrazione eucaristica, il nuovo presule ha espresso il suo ringraziamento anzitutto «alla Santa Trinità, che per un imperscrutabile disegno del Suo Amore ha voluto mostrare la Sua forza e porre il mirabile ed inestimabile tesoro del ministero apostolico nella mia debolezza».

Dopo avere espresso la sua gratitudine a Papa Francesco, all’Arcivescovo Delpini e al suo predecessore, il cardinale Scola (del quale in apertura è stato letto un messaggio), nonché ai familiari e a quanti ha incontrato sul suo cammino, mons. Campiotti ha concluso con un pensiero per la Diocesi in cui farà il suo ingresso ufficiale il prossimo 27 marzo: «È soprattutto a voi, figli amatissimi di Volterra che va il mio pensiero, ai sacerdoti, e a tutti voi che rappresentate la Chiesa a cui il Santo Padre mi manda come pastore. Vorrei rivolgere un particolare saluto e ringraziamento ai giovani di Azione Cattolica qui presenti numerosi».

IL SALUTO DI MONSIGNOR CAMPIOTTI

Il Signore attraverso il Santo Padre Francesco, che ringrazio con affetto filiale, mi ha
chiamato ad entrare nella successione apostolica. Ed in questo momento, in cui quest’opera si è appena compiuta, lo sguardo grato e adorante non può non rivolgersi all’autore di tutto: al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, alla Santa Trinità che per un imperscrutabile disegno del Suo Amore ha voluto mostrare la Sua forza e porre il mirabile ed inestimabile tesoro delministero apostolico nella mia debolezza. E non posso non chiedere anche a tutti voi, fratelli e sorelle, di unirvi a me nel lodare la Santa Trinità “che eleva dalla polvere il misero”, per mostrare a tutti la sua infinita misericordia.
E qui potremmo fermarci nel rendere grazie, perché nella Trinità Santa c’è tutto quello di cuiognuno di noi ha bisogno.
Ma la Santa Trinità opera nella storia anche attraverso l’opera degli uomini. Per cui, in
questo momento dell’azione sacramentale dell’ordinazione, il mio ringraziamento va
innanzitutto all’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini che attraverso l’imposizione
delle mani ha compiuto l’opera del Signore in me. Voglio anche ringraziare con particolare
affetto il Cardinale Angelo Scola, a lui vada tutta la mia riconoscenza, per la stima e l’affetto
che mi ha dimostrato durante gli anni del suo episcopato milanese. La mia gratitudine va
anche ad ognuno dei due fratelli vescovi con-consacranti principali: Mons. Alberto Silvani
mio predecessore a Volterra e Mons. Paolo Martinelli Vescovo ausiliare di Milano.
Ringrazio anche gli altri miei fratelli vescovi per il regalo fattomi della loro partecipazione, il
Signore li ricompensi con i suoi doni.
Ora il ricordo grato è per quelle persone che sono state segno e tramite dell’opera del Signore nella mia vita. Innanzitutto, i miei genitori, dai quali ho ricevuto i due doni più preziosi: la
Vita e la Fede cristiana e con loro ricordo e ringrazio tutta la mia grande famiglia e poi i
sacerdoti che mi hanno educato nella Fede e accompagnato nel cammino del seminario e in
questi anni di sacerdozio.
Ringrazio e saluto tutti i miei amici e tutte le persone che ho incontrato nel mio ministero e
che hanno voluto essere presenti e unirsi a me in questo momento. Non è possibile elencarli tutti.
Ringrazio e saluto tutti i sacerdoti presenti in particolare i miei compagni di seminario, i
sacerdoti amici e i cari sacerdoti del Collegio San Carlo.
Così pure saluto e ringrazio i rappresentanti e i collaboratori dell’Arciconfraternita dei Santi
Ambrogio e Carlo della Nazione Lombarda di Roma.
Ringrazio poi le autorità civili presenti, unisco al mio ringraziamento la promessa di
ricordarli nella preghiera, obbedendo al comando dell’apostolo Paolo di elevare preghiere
per chi ci governa, al fine di poter vivere “una vita calma e tranquilla con tutta pietà e
dignità” (1Tim.2,2).
Ma è soprattutto a voi, figli amatissimi di Volterra che va il mio pensiero, ai sacerdoti, e a
tutti voi che rappresentate la Chiesa a cui il Santo Padre mi manda come pastore.
Vorrei però rivolgere un particolare saluto e ringraziamento ai giovani di Azione Cattolica
qui presenti numerosi perché siete importanti, infatti, quando voi rispondete al Signore che vi chiama, in questo momento storico particolarmente difficile, voi siete in Cristo la speranza della Chiesa. Grazie per la vostra presenza.
Affido all’aiuto delle preghiere di tutti il cammino che sto per intraprendere, perché per me e per voi sia sempre più facile, nelle diverse e non sempre facili vicissitudine della vita,
riconoscere e testimoniare al mondo che “Cristo è tutto per noi” (S. Ambrogio).

L’OMELIA DI DELPINI

Ordinazione episcopale mons Roberto CAMPIOTTI
Vescovo eletto di Volterra
Celebrazione Eucaristica – omelia
Milano, Duomo – 26 febbraio 2022

Il vescovo delle domande

Le letture scelte da mons. Campiotti per la celebrazione della ordinazione episcopale sono piene di domande. Ecco: il vescovo si confronta con le domande, l’ordinazione di un vescovo è l’occasione per porre domande, la grazia di Dio si effonde su questa assemblea liturgica, sulla Chiesa di Milano e sulla Chiesa di Volterra, si manifesta come domande.
Di fronte alle troppe sicurezze, così perentorie e così fragili, la parola di Dio, la Chiesa di Dio, il vescovo pongono domande. Di fronte a quell’imperialismo dei luoghi comuni che inducono a pensare che siano ovvie anche scelte e pensieri che incrinano le fondamenta del convivere e dell’umanesimo, la Chiesa pone domande, il vescovo mons Campiotti vuole far risuonare domande, le domande di Gesù.
Mi ami tu più di costoro?
Gesù pone domande a Simone, figlio di Giovanni e pone domande al Vescovo e a tutti noi.
Gesù domanda: è l’amore la ragione per cui prendi la parola a nome di tutti? È l’amore la ragione per cui sei ricordato come il primo dei discepoli? Mi ami tu più di costoro, chiede Gesù? chiede il vescovo, chiede la Chiesa a coloro che hanno nella comunità ruoli di responsabilità, coloro che svolgono il loro incarico nei diversi ambiti della vita della Chiesa, la Chiesa di Milano, la Chiesa di Volterra. È l’amore la ragione per cui occupi i primi posti? È l’amore la ragione per cui sei insostituibile?

Mi ami?
Gesù pone domande a Simone, figlio di Giovanni. Domande per il Vescovo, domande per la Chiesa.
Mi ami? Cioè che cosa c’è in verità nel tuo cuore, dove volgi lo sguardo per alimentare il tuo desiderio, per orientare il tuo cammino? Mi ami? Cioè: sei capace di amare? Riconosci di dove viene il tuo amore, per il Signore, per la Chiesa? Sei grato di essere amato di un amore che ti rende capace di amare? Sai che cosa sia l’amore?
Hai rivolto lo sguardo a Colui che è stato trafitto per entrare un poco nel mistero dell’amore? Oppure il crocifisso è confinato tra i simboli di una tradizione anacronistica, è un elemento ornamentale per le tue case, le tue chiese?
È l’amore per Gesù l’intimo ardore che unifica la tua vita, che anima il tuo servire, che tiene vivo lo zelo anche nella frustrazione, nella delusione, nella esperienza della solitudine e dell’abbandono?

Mi vuoi bene?
Gesù pone domande a Simone, figlio di Giovanni. Domande per il Vescovo, domande per la Chiesa.
Mi vuoi bene? Cioè accogli la mia parola che ti chiama all’amicizia, quel legame delicato, intenso, libero e liberante? Mi vuoi bene? cioè sei capace di coltivare quell’amicizia che rende migliori, quell’appartenenza che non chiude, ma piuttosto offre buone motivazione per aprirsi a tutti, per fare della parola la confidenza che apre orizzonti, che eleva il pensiero, che si fa voce che chiama e prossimità che incoraggia?

Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Paolo pone domande. Sono domande retoriche. Eppure inquietano, eppure provocano.
C’è qualche cosa che ci può stancare, scoraggiare, deludere al punto da allontanarci da quell’amore che non si allontano mai da noi. La domanda di Paolo, fa intuire il dramma della inadeguatezza, il rischio del grigiore, l’insidia che può spegnere l’amore. Come succede che l’amore con cui Gesù ci ama, fino alla fine, in realtà sia accolto con una tiepida indifferenza? Il vescovo, la chiesa, si pongono domande: dove è finito l’amore di una volta? Come è avvenuto che lo slancio che ha convinto alla consacrazione possa diventare una grigia mediocrità? Come si può cantare l’alleluia festoso per celebrare il Cristo risorto e poi vivere di lamenti, di malumore e di scontento, di nostalgie e di rammarico, come se la sequela ci avesse deluso?

Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo la spada?
Paolo elenca le difficoltà prevedibili per chi segue Gesù e domanda: quale prezzo siamo disposti a pagare per restare uniti all’amore di Cristo? Se dovesse capitarci tutto questo, che cosa sceglieremmo?
Paolo, il vescovo, la Chiesa pongono domande a sé e ai cristiani di ogni Chiesa, di Milano o di Volterra: come affronti le tribolazioni? Hai forse l’aspettativa che la sequela di Gesù sia una sorta di assicurazione che garantisca la vita tranquilla, la popolarità facile, la prosperità assicurata? Ti sei forse immaginato che seguire il Cristo che porta la croce possa evitarti di portare la croce? Perché ti deprimi e ti lasci intimidire dal disprezzo, dal discredito che ti circonda nell’ambiente in cui vivi? Basterà il sorriso di compatimento con cui ti umiliano le persone che ti stanno intorno per separarti dall’amore di Cristo? Riuscirà una gelida indifferenza a spegnere il fuoco dello Spirito che è stato acceso in te?

Il vescovo Roberto, come io mi immagino, è capace anche di discorsi coraggiosi, di proposte forti, di affermazioni perentorie. Però ha proposto per questa celebrazioni letture piene di domande. Credo che faccia bene alle nostre Chiese sentirsi inquietare dalle domande. Forse anche così la Chiesa svolge la sua missione. Certo non viene meno alla responsabilità del magistero. Ma in questo nostro tempo dominato da parole d’ordine senza pensiero, dal pensiero triste senza speranza, dalla difesa della confusione e dell’arbitrio come fossero condizioni per la libertà, la Chiesa e nella Chiesa il Vescovo si propongono con umiltà, mitezza, gentilezza. Pongono domande.

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