(mi-lorenteggio.com) Pechino, 9 novembre 2024 – Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha tenuto una Lectio Magistralis all’Università Beida di Pechino. Al termine, ha partecipato alla cerimonia di firma di intese per l’inaugurazione della Cattedra di “Studi italiani” dell’Università di Pechino, presso la sede del Segretariato del Forum Filantropico Italia – Cina.
Egregio Presidente dell’Università di Pechino,
Magnifico Rettore dell’Università,
Magnifici Rettori e Illustri Professori,
Care studentesse, cari studenti,
Signore e signori,
è per me un grande piacere prendere la parola in una delle più prestigiose istituzioni accademiche della Cina.
L’Università di Pechino è nota in ambito internazionale per essere un polo di approfondimento tanto della straordinaria storia della civiltà cinese quanto delle principali dinamiche attuali del mondo.
Ringrazio per questa opportunità.
Questo confronto costituisce un’occasione preziosa per riflettere, insieme, sui rapporti tra Cina e Italia e su alcuni temi del nostro tempo.
Il dialogo odierno è parte di un flusso costante di interazioni, pressoché ininterrotto da secoli, in cui cinesi e italiani sono stati protagonisti.
Uno scambio di esperienze, conoscenze, merci, tecnologie, innovazioni, contaminazioni artistiche, estetiche e persino gastronomiche, che hanno contribuito allo sviluppo delle nostre rispettive civiltà.
Direi di più: per millenni Cina e Italia hanno svolto anche un ruolo significativo nel definire l’idea stessa di civiltà, intesa come realtà complessiva in seno alla quale sviluppo materiale da una parte, e progresso morale e intellettuale dall’altra, avanzano di pari passo.
Fin dall’antichità la civiltà cinese e quella italiana si sono intrecciate in uno scambio culturale fecondo.
Hanno offerto un contribuito di valore straordinario nella storia dell’Umanità, influenzandone profondamente lo sviluppo.
Hanno diffuso, moltiplicato e impreziosito il sapere universale.
Basti pensare alla raffinata profondità filosofica di grandi maestri del pensiero, quali Confucio o Lao Tze.
E non è un caso se, soprattutto a partire dal Seicento, tra i protagonisti della diffusione in Europa del sapere cinese troviamo alcuni celeberrimi intellettuali italiani.
Matteo Ricci, Michele Ruggieri, Prospero Intorcetta furono tra i primi sinologi del mondo occidentale.
Un altro italiano, Alessandro Valignano, sviluppò nel contesto del sistema di pensiero proprio del Cristianesimo i concetti di “adattamento” e di “inculturazione”, ponendosi, così, quale antesignano del dialogo inter-culturale.
Valignano morì nel 1606 a Macao, dove aveva fatto costruire il Collegio di San Paolo, la cui facciata, ancor oggi simbolo della città, sopravvive al logoramento del tempo.
Cinesi e italiani hanno aperto nuovi cammini in ambito economico e commerciale.
A partire dall’epoca che noi definiamo Basso Medioevo, e che corrisponde ai regni delle dinastie Song, Yuan e dei primi imperatori Ming, l’Antica Via della Seta ha offerto uno dei primi esempi di mondializzazione.
Lungo quel tracciato pionieristico, coraggiosi mercanti viaggiavano attraverso continenti altrimenti lontanissimi.
Si scambiavano beni, idee e saperi e, nello scambio, consapevolmente o inconsapevolmente, cambiavano sé stessi e l’altro.
Il simbolo di questa nostra storia comune è Marco Polo – che poc’anzi è stato ricordato -, uomo radicato nella cultura della sua Venezia natale quanto profondamente affascinato dal livello prodigioso di avanzamento tecnologico raggiunto dalla Cina.
Quest’anno, come ha voluto ricordare ieri sera il Presidente Xi Jinping nel solenne contesto della Grande Sala del Popolo, ricorre il settecentesimo anniversario della scomparsa di questo grande veneziano.
Un anniversario che ci offre l’occasione per ricordare come la conoscenza, il dialogo tra culture e civiltà diverse siano elementi essenziali per costruire un futuro di pace e di prosperità, basato sul rispetto e sull’apertura reciproci.
La cultura, infatti, vive del mutuo arricchimento, non soltanto del riflesso delle radici di ciascuno.
Offre gli strumenti per comprendere la natura delle diversità e per godere dei benefici del dialogo.
Civiltà e cultura sono pilastri di quella relazione speciale che chiamiamo “amicizia”.
Sovente, e giustamente, ricorriamo a questa categoria per descrivere l’antico rapporto tra Cina e Italia.
È gratificante pensare che le personalità che hanno fatto grande la storia delle nostre relazioni – ne ho citate alcune – non siano uomini d’arme ma intellettuali, mercanti, scienziati.
Secolo dopo secolo abbiamo aperto così gli spazi per la costruzione di legami di fiducia e di collaborazione.
La straordinaria possibilità per il maestro Michelangelo Antonioni di realizzare, nel 1972, un documentario tra Pechino, Suzhou, Nanchino e Shanghai, ne è un esempio.
Quel lungometraggio fa parte della storia del cinema italiano e cinese.
Non meno eccezionale fu l’apertura della Città Proibita al maestro Bernardo Bertolucci. Senza l’accesso a quei meravigliosi padiglioni non avrebbe avuto la possibilità di girare un film di così grande valore.
Le differenze di approccio o le differenze di opinione, non possono mai far velo tra amici, se espresse con franchezza e con disponibilità all’ascolto reciproco.
Questo è l’atteggiamento di chi veramente tiene ad accrescere – opera impegnativa e gratificante – la confidenza tra persone, tra popoli e tra Stati.
Oggi ne avvertiamo fortemente il bisogno, per prevenire il rischio di allontanarci gli uni dagli altri, dalla versione migliore che offriamo di noi quando costruiamo società moderne e solidali.
Egregio Presidente dell’Università,
Magnifici Rettori,
Stimati docenti,
Care studentesse e cari studenti,
ci unisce un rapporto solido e maturo, capace di superare le increspature che le vicende di ogni tempo presentano.
Di questa amicizia le università sono una componente importantissima, direi insostituibile.
Gli scambi accademici tra Cina e Italia hanno raggiunto risultati significativi.
Possiamo esserne fieri a giusto titolo, senza tuttavia perdere l’ambizione di fare di più.
Molto ampio è, ancora, il potenziale da esplorare.
Gli studenti italiani che scelgono di studiare in Cina, e gli studenti cinesi che si recano in Italia, sono veri e propri ambasciatori del dialogo tra culture e recano una rete di relazioni che si estende ben oltre il perimetro e il periodo delle loro ricerche accademiche, dei loro studi accademici.
Mi ha colpito un dato emerso da uno studio recente sulle percezioni che hanno gli universitari italiani della Cina: appare significativo come gli studenti e le studentesse che vengono qui a trascorrere un periodo di formazione ripartano poi con una percezione della Cina ancor più favorevole di quella che nutrono quanti non hanno avuto questa occasione di visitare il vostro grande Paese.
La mia presenza in questa importante istituzione universitaria è quindi anche testimonianza del desiderio dell’Italia di veder crescere ulteriormente, in uno spirito di genuina collaborazione e responsabilità, la prossimità delle nostre comunità accademiche.
Sono lieto di vedere in questa sala Rettrici e Rettori di molte prestigiose università cinesi e italiane.
Nel compiacermi per l’avvio di questa prima sessione di “Dialogo”, confido che i progetti di ricerca e di scambio che elaborerete saranno ispirati a una visione di sviluppo umano che consenta agli studenti, così come ai docenti, di esprimere in modo completo il proprio potenziale.
L’università, infatti, è il luogo privilegiato in cui si forma il pensiero critico, dove i giovani possono confrontarsi con diverse tradizioni culturali, dove devono potersi aprire in libertà a nuovi orizzonti, costruendo esperienze che contribuiranno a una ancor migliore comprensione tra i nostri popoli.
È questa la chiave di volta per promuovere non soltanto un confronto tra le realtà accademiche cinesi e italiane, ma un momento di condivisione di idee e di percorsi. Un’occasione di crescita congiunta.
So che questo orientamento all’ospitalità intellettuale è parte del patrimonio culturale fondativo di questa Università, la più antica della Cina moderna.
Insieme a diversi interlocutori italiani avete dato vita a collaborazioni nell’ambito degli studi classici, esplorando parallelismi e differenze tra la tradizione occidentale e quella orientale; allo stesso modo, le iniziative nel campo della storia, delle relazioni internazionali e del diritto hanno permesso di sviluppare prospettive comparative, mettendo in luce come le dinamiche globali siano state influenzate da secoli di interlocuzioni tra le nostre civiltà.
Sottolineo con piacere che nel 2021 in questo Ateneo è stato inaugurato un corso di Laurea in Lingua e letteratura italiana, non limitato all’insegnamento linguistico, ma aperto a discipline complementari.
Ai laureandi del corso qui presenti, porgo i miei migliori auguri affinché possiate terminare con vostra piena soddisfazione il percorso di studi intrapreso tre anni fa.
Grazie alle vostre energie, al vostro entusiasmo, alle vostre conoscenze, siete divenuti punto di raccordo di una sempre più ampia e vitale rete di connessione tra Cina e Italia!
Desidero congratularmi con l’Università di Pechino per la scelta lungimirante di costituire un Centro Sino-Europeo di Ricerca per l’Innovazione nel campo filantropico.
La solidarietà è un valore universale che ci richiama al dovere di prenderci cura di chi è più fragile.
Grazie al Forum Filantropico Cina-Italia anche questo tema è entrato a far parte dell’ampio spettro delle relazioni tra i nostri Paesi.
Sono lieto che da queste collaborazioni sia anche nata la “Cattedra Agnelli di studi italiani”, con esponenti autorevoli del sapere impegnati in un fecondo dialogo con la comunità accademica della vostra Università.
Egregio Presidente dell’Università di Pechino,
Magnifico Rettore dell’Ateneo,
Magnifici Rettori e Illustri Professori,
Care studentesse e cari studenti,
nell’ottobre del 1955 una delegazione di intellettuali italiani di diversa estrazione politica, di diversa radice culturale, venne in visita nella “nuova Cina”.
Guidati da Piero Calamandrei, furono accolti con cordialità infinita.
Un poeta rivolse a quegli ospiti un saluto in versi, che ripeto: “In questo momento noi conversiamo seduti accanto / toccandoci l’un l’altro con la mano il ginocchio / col cuore pieno di amicizia senza confini”.
Molto tempo è passato da allora.
L’Italia ha curato le ferite della Seconda Guerra Mondiale e sviluppato un’industria manifatturiera d’avanguardia e un’economia aperta ai mercati internazionali.
La Cina ha accompagnato centinaia di milioni di abitanti fuori dalla povertà, raggiungendo avanzati traguardi straordinari di sviluppo tecnologico.
Ma il sentimento non è cambiato: rimane quel “cuore pieno di amicizia senza confini”.
Alla vigilia del cinquantacinquesimo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese, questa visita conferma l’intento della Repubblica Italiana di approfondire ulteriormente il rapporto bilaterale, di svilupparlo in una interazione pienamente costruttiva.
I nostri Paesi lavorano a questo obiettivo, che è condiviso – come è stato ricordato – nella cornice del Partenariato Strategico Globale siglato venti anni orsono.
Cina e Italia si sono dotate di un “Piano d’azione” rinnovato in occasione della visita recente, a fine luglio, della Presidente del Consiglio dei Ministri italiano. Un Piano che prevede una cooperazione più intensa, concreta e articolata in numerosi settori di comune interesse, scienza, tecnologia e cultura incluse.
La Cina è, per l’Italia, il primo partner economico in Asia.
Lo spirito costruttivo che ci anima sollecita un rapporto equilibrato che consenta la rimozione delle barriere che ostacolano l’accesso al mercato cinese di prodotti italiani di eccellenza, e di corrispondere alle attese dei consumatori cinesi, sempre più esigenti e sempre più attenti alla qualità.
Vale per l’approccio in ambito finanziario, aperto a nuovi investimenti cinesi in Italia – in una logica di trasparenza, concretezza e mutuo vantaggio – che stimolino occupazione e producano crescita del valore e delle competenze.
Per l’Italia riveste grande interesse una collaborazione più stretta, ad esempio, per la transizione ecologica, nella lotta ai cambiamenti climatici e per la protezione del nostro pianeta: tutte priorità che richiedono una cooperazione globale.
Posando lo sguardo sulle sfide della protezione del patrimonio culturale, della sicurezza alimentare, della salute pubblica, dell’invecchiamento della popolazione, dell’impiego etico e responsabile dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie nuove, riteniamo che il dialogo tra Pechino e Roma sia oggi più importante che mai, per promuovere, insieme, soluzioni efficaci e lungimiranti.
Il “Piano d’azione” pone enfasi particolare sullo sviluppo della collaborazione in campo culturale.
Ne hanno discusso in modo positivo in questi giorni, a Pechino, i vertici delle istituzioni e delle industrie culturali dei nostri due Paesi, radunati nella Terza riunione plenaria del Forum Culturale Italia-Cina.
Autorità accademiche,
Illustri docenti e cari studenti,
il capitale di fiducia reciproca accumulato nel rapporto bilaterale consente all’Italia di offrire un contributo sostanziale alla tessitura di un legame Cina – Unione Europea sempre più robusto, sostenibile ed egualmente vantaggioso per le parti, nel contesto di un ordine internazionale fondato su regole rispettate.
Regole e norme che devono valere per tutti ed essere applicate in buona fede da ogni parte.
Ci adoperiamo, quindi, affinché il dialogo tra Pechino e le Istituzioni europee, basato sul mutuo rispetto, sulla trasparenza e sulla collaborazione a lungo termine, sia costruttivo.
Mi riferisco anche alla dimensione economica, commerciale e dello sviluppo.
Cina e Unione Europea condividono l’esigenza di ridurre le emissioni di gas serra, di promuovere modelli di crescita inclusiva e sostenibile, di affrontare le crescenti disuguaglianze sociali.
Obiettivi che non possono essere raggiunti senza un forte impegno e una visione comuni del futuro.
L’apertura delle nostre rispettive società gioca un ruolo cruciale.
Vale anche per l’economia.
Nessuno in Europa, men che meno l’Italia, immagina una stagione di protezionismo.
In coerenza con questa impostazione riteniamo che situazioni e procedure riguardanti un settore commerciale – volte al raggiungimento di un’equa e corretta concorrenza e nell’intendimento di giungere a un’intesa – non debbano ripercuotersi sulle pratiche commerciali di altri comparti.
Un dialogo tra Pechino e l’Unione Europea fluido, responsabile e approfondito anche in ambito politico e strategico, rappresenterebbe un valore.
Lo richiedono, del resto, questioni complesse che riguardano tutti noi.
Tra queste non è in secondo piano la tutela e la promozione della dignità di ogni persona. Ribadire principi che rappresentano un presidio di civiltà, indipendentemente dai contesti politici, economici o culturali, non esprime interferenza nei confronti di alcuno.
È, piuttosto, un invito – di valore universale, fatto inanzitutto a sé stessi – per comportamenti coerenti con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che impegna l’intera Comunità internazionale.
Su tutti il diritto alla pace.
Le preoccupazioni emerse sulla instabilità che caratterizza la vicenda internazionale valgono anche per la regione dell’Indo-Pacifico. È appena il caso di osservare che l’attenzione dell’Europa in quest’area è tesa a ribadire elementi come libertà, di navigazione e di sorvolo, nonché quelli previsti dal diritto internazionale. Mattoni della costruzione di un mondo in pace, di quell’ordine internazionale giusto che costituisce aspirazione comune.
È indispensabile che vi sia saggezza da tutte le parti coinvolte, perchè ci si astenga da iniziative unilaterali che possono esacerbare le difficoltà già esistenti, in questo come in altri quadranti geografici. In tutto il mondo vi sono problemi e preoccupazioni a questo riguardo.
È indispensabile che tutti gli attori, senza esitazioni, indossino l’abito della cooperazione.
Vorrei richiamarmi, in proposito, a quanto disse qui in Cina, in occasione della sua visita di Stato nel 2010, il mio predecessore.
Parlando nell’Aula Magna della Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese, il Presidente Napolitano affermava: “Il peso della Cina, dell’Asia, del resto del mondo sugli eventi internazionali è destinato a consolidarsi e a crescere. Da buon italiano, da buon europeo considero altamente positiva questa evoluzione”.
Condivido il suo pensiero.
Senza la Cina, o senza l’Unione Europea, sarebbe impossibile cercare di corrispondere positivamente ai sogni di apertura, di pace, di futuro dei nostri giovani.
Senza dialogo e collaborazione sarebbe inconcepibile poter affrontare i costi sociali, economici e ambientali delle sfide che l’umanità si trova a fronteggiare.
Per far questo occorrono regole condivise, poste in essere, e non rinviate di vertice in vertice.
Il multilateralismo, nucleo primigenio di una governance globale che metta al centro i bisogni e le aspirazioni dei popoli, è lo strumento.
In un mondo sempre più interconnesso il nostro comune impegno deve essere quello di rafforzare i consessi multilaterali – a cominciare dalle Nazioni Unite – affinché possano efficacemente ridurre tensioni, comporre le controversie, monitorare la proliferazione degli armamenti, per elencare soltanto alcune delle grandi questioni del nostro tempo.
Non è accettabile, ad esempio, che la Fedrezione Russa, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, vale a dire del massimo organo deputato alla difesa della pace, abbia violato, come ha fatto, invadendo l’Ucraina, le norme fondamentali del diritto internazionale e i principi dell’Onu, usando la forza contro un vicino più piccolo per imporgli la propria volontà.
Accondiscendere a un tale comportamento significherebbe consegnare alla barbarie la comunità degli Stati.
La Cina è uno dei protagonisti fondamentali della vita internazionale.
Desidero esprimere l’aspettativa che essa faccia uso della sua grande autorevolezza sul proscenio internazionale per ribadire la sua tradizionale posizione a sostegno delle norme di convivenza della comunità internazionale, adoperandosi per porre termine alla brutale aggressione russa all’indipendenza e alla integrità dell’Ucraina, primo passo per una pace giusta sulla base dei principi della Carta delle Nazioni Unite e delle norme del diritto internazionale, incluse quelle sulla sovranità, indipendenza e integrità del territorio degli Stati.
Un’altra area che sollecita l’impegno di tutti per bloccare la spirale di violenza è il Medio Oriente, martoriato dal criminale attacco terroristico di Hamas contro inermi cittadini israeliani, dall’inaccettabile scia di violenza contro la popolazione civile di Gaza, dall’allargamento del conflitto al Libano meridionale, con altre sofferenze ai civili.
Occorre fermare subito la guerra, per avviare soluzioni anche all’immane crisi umanitaria che ne è derivata.
Confido, cono certo, che la Cina vorrà aggiungere la sua voce affinché i diversi attori regionali esercitino moderazione e possa essere finalmente applicata una soluzione a due Stati tra Israele e la Palestina.
La crisi mediorientale ci ricorda che gli scenari di tensione sono interconnessi e travalicano le distanze geografiche.
Il mondo è uno e indivisibile: mantenere libero e sicuro il transito navale nei mari della regione, dove attualmente attori non statuali, sostenuti anche da potenze dell’area, minacciano il libero commercio in spregio al diritto internazionale – come avviene nel Mar Rosso – è importante per l’Italia, per la Cina, per tutti gli altri Paesi.
Non si può consentire un così grave precedente: le vie del commercio nella storia hanno aperto le strade ai rapporti pacifici e di incontro tra le civiltà.
Autorità,
Cari Studenti,
Su Shi, straordinario poeta, calligrafo e statista, ci ricorda in un suo poema che “non si può vedere la vera forma delle Montagne Lu quando ci si trova sopra le montagne stesse”. A distanza di mille anni, questo monito risuona con attualità nelle nostre coscienze.
Occorre recuperare una prospettiva autentica e corretta del mondo e del suo futuro.
In un’epoca di crescenti tensioni, e anche di innovazioni tumultuose, siamo chiamati, più che mai, a sviluppare un approccio riflessivo che ci aiuti ad apprezzare i limiti delle nostre prospettive, come persone e come società.
È la premessa di un atteggiamento verso gli altri improntato al dialogo.
È la premessa della fiducia che l’Italia nutre nel futuro di sue crescenti relazioni con la Cina.
I nostri Paesi hanno dimostrato di saper superare le sfide più grandi, di saper colmare distanze che ad altri apparivano infinite.
Dalla grandezza delle civiltà delle nostre origini e dalla loro capacità di interagire, di comprendersi dobbiamo trarre ispirazione per una leadership responsabile, all’altezza delle crisi di oggi.
In questo modo, insieme, contribuiremo alla realizzazione dei diritti e delle aspirazioni dei nostri popoli e alla costruzione di un futuro di pace.
Grazie. Xiè xiè.
***
Domanda: sono uno studente dell’Università di Beida, dell’Istituto di sociologia. L’Università di Bologna è la più antica d’Italia, e quella di Pechino è quella più moderna. Vorrei sapere quali sono secondo lei le principali possibilità per arricchire gli scambi.
Presidente: l’Ateneo di Bologna è il più antico del nostro Paese, è il più antico d’Europa. Ha sempre cercato, nel corso del tempo, di adeguarsi ai tempi mutati, per restare sempre sulla frontiera della modernità.
L’Ateneo di Pechino affonda le sue radici nella millenaria civiltà cinese. E quindi ha una pari anzianità culturale.
E questo ne fa due riferimenti nel mondo accademico internazionale, che è in collegamento, è in circuito comune.
Vede, volendo fare un’approssimativa, forse un po’ grossolana, ripartizione delle relazioni fra gli Stati, si possono fare tre categorie. I rapporti sul versante politico, i rapporti sul versante economico e quelli sul versante culturale.
Ho sempre pensato che di questi tre versanti – quello politico che attiene essenzialmente al modo in cui ci si colloca nella comunità internazionale, ai rapporti internazionali; quello economico, per lo sviluppo e il commercio, le relazioni di comune impegno economico; e quello culturale – quest’ultimo sia il più importante, perché è il più solido, è quello che pone radici che non sono condizionate dal contingente aumento presente.
E quello che è la dimensione culturale e quindi le relazioni di tipo culturale tra i Paesi, quelle che cementano l’amicizia, perché intensificano la comune conoscenza, lo scambio di conoscenza, la crescita comune.
E questo è un elemento, nei rapporti bilaterali, assai più saldo di quello pure importante, naturalmente, di carattere economico.
E poi hanno riflesso entrambi su quello politico.
Per questo, quello che possono fare è molto importante.
E già i due Atenei operano, come è noto – questo di Pechino, quello Bologna – nella collaborazione internazionale con altre Università.
Collaborano per comuni orizzonti di ricerca; collaborano per uno scambio di saperi, per uno scambio di conoscenze.
Tutto questo è prezioso ed è comune anche ad altre università.
E quindi, quello di questi due Atenei, così importanti nella costellazione universale del mondo, è un esempio che alimenta l’impegno molto grande che vi è da parte di tante università a questo riguardo.
Sviluppare quindi questa collaborazione, con lo scambio di docenti, con lo scambio di giovani ricercatori, con lo scambio di studenti, è davvero elemento fondamentale.
Vorrei dire che quest’ultimo, lo scambio di studenti, ha un ulteriore valore – poc’anzi vi accennavo – perché non soltanto crea conoscenza reciproca, non soltanto crea comune orientamento nelle ricerche e nello studio, ma crea anche, nella dimensione personale, rapporti di carattere umano fondamentali nella vita internazionale. Per questo il ruolo che possono svolgere questi atenei è davvero di grande rilievo.
Domanda: sono una studentessa del corso di laurea di italianistica dell’Università di Pechino. Come ci ha ricordato, quest’anno celebriamo il settecentesimo anniversario della scomparsa di Marco Polo, nonché il ventesimo anniversario dall’instaurazione del partenariato strategico globale fra Italia e Cina. I nostri due Paesi hanno antiche civiltà, e gli scambi culturali sono molto importanti. Come pensa che possiamo fare tesoro dell’eredità di Marco Polo e promuovere ancora gli scambi culturali tra i nostri due Paesi?
Presidente: ieri ho visitato la mostra di Marco Polo che è nell’ambito del Museo in cui c’è quel grande bassorilievo che dà un’affascinante sintesi, naturalmente molto sintetica, della storia millenaria cinese. E sono stato orgoglioso di vedere che lì vi sono immagini di due italiani: Marco Polo e Matteo Ricci. Sono gli unici non cinesi presenti lì, in quel bassorilievo. Questo riempie di orgoglio noi italiani, naturalmente, e sottolinea quanto sia intenso il rapporto tra Cina e Italia.
Questo rapporto antico si è tradotto operativamente nel partenariato strategico globale. E la sua definizione, pochi mesi fa, di un piano triennale di attuazione, che adesso vedrà anche la riunione di organismi comuni previsti da questa intesa, è uno strumento concreto con cui proiettiamo nel futuro quella relazione antica che abbiamo coltivato in questi anni.
L’ambito culturale è, in questo, particolarmente importante, ripeto.
Vede, la percezione della storia che le civiltà millenarie alle spalle consentono di fare è uno strumento importante per interpretare il presente e comprendere cosa può avvenire nel futuro.
Questo evita il pericolo di esaurirsi nell’angusta dimensione del presente, del contingente. Come se non ci fossero né un passato, né una storia passata, né un futuro da affrontare.
Ecco, venire in una città millenaria consente a noi di guardare con lucidità al futuro.
E in questo, quindi, in queste relazioni, nel costruire insieme questo cammino che intendiamo fare aumentando la collaborazione sotto ogni profilo, in ogni versante, in ogni settore della vita, l’ambito culturale è decisivo.
L’ambito culturale, non soltanto le Università. L’arte, la musica, la letteratura, tutte le espressioni di carattere culturale sono tutte sollecitazioni che sorreggono, accompagnano e anche, in buona parte, illuminano queste relazioni.
Per questo è molto importante. Grazie della domanda e complimenti per la sua scelta.
Domanda: sono una studentessa italiana qui all’Università di Baida. Studio la diplomazia culturale nel mio master. Quello che vorrei comprendere è come un’Università come quella di Pechino può contribuire a rafforzare i rapporti di cultura diplomatica e di scambio culturale tra la Cina e l’Italia.
Presidente: devo dire che fanno già molto le Università per questo scopo. La sollecitazione, l’aspettativa, l’auspicio è che facciano sempre di più.
E vorrei collegare questo impegno delle Università con una prospettiva più ampia, di base: quella della pace; come la collaborazione culturale può contribuire alla pace.
È una condizione su cui riflettere molto in questo periodo della vita internazionale, in cui inattese esplosioni di violenza stanno allarmando e fanno temere che possano espandersi.
E quindi occorre intensificare molto gli strumenti di pace. E la cultura ne é il primo veicolo.
Cina e Italia sono due Paesi che hanno il perseguimento della pace nel loro dna, nei loro obiettivi di fondo. Anche per alcune ragioni. Da settanta/ottant’anni – quasi tre quarti di secolo – Cina e Italia hanno fatto dei progressi straordinari alle condizioni da cui sono partite allora, creando benessere per molti cittadini che non ne avevano, avanzando nella frontiera tecnologica.
Tutto questo è stato possibile grazie alla cultura, alle Università, al pensiero. È stato possibile perché c’è stata pace. Perché soltanto in condizioni di pace questo può avvenire.
La guerra distrugge ogni cosa. Sorprende ogni tanto, e questo è un interrogativo che sovente mi faccio in questo periodo che alcuni governanti del mondo sembrano non rendersene conto.
La guerra distrugge ogni cosa e impedisce che vi siano vincitori, quando si verifica. Non soltanto per l’aumento – sconvolgente e terrificante – di armi distruttive di sempre maggiore potenza e di sempre maggior numero al mondo, ma anche perché si sono moltiplicati gli strumenti che danno morte. Persino strumenti di vita quotidiana possono diventare strumenti di morte, di attacco e di distruzione.
Questo fa pensare, ragionevolmente per chi ragiona – la cultura e gli atenei sono chiamati a far ragionare – che, in caso di guerra, nessuno in realtà vince, ma tutti sarebbero sconfitti. Sarebbero perdenti perché hanno perso molto, hanno perduto molto e non recuperano più. Far comprendere questo – e la cultura è il veicolo per farlo comprendere – è fondamentale.
Inoltre Cina e Italia hanno avuto questo grande progresso, questa grande crescita, utilizzando i rapporti economici e commerciali aperti nel mondo, internazionali.
Sono, entrambi i Paesi, convinti cultori dell’importanza di mercati aperti, di collaborazione economica e commerciale nel mondo.
E questo è non soltanto possibile se vi è pace, ma è anche uno strumento di pace, perché collaborazioni economiche sempre più strette creano interessi comuni che sono un antidoto alla guerra.
Ecco, far comprendere queste cose è un compito, anche questo, della cultura. Anche delle Università. Far comprendere come vi sia un’esigenza di pace che va coltivata anzitutto nell’animo, nel modo di ragionare, nel modo di pensare dei vari Stati.
In questo, Cina e Italia sono orientati concordemente, con vigore, per la pace e per la collaborazione internazionale.
E, in questo, la collaborazione universitaria può fare molto. Può fornire gli elementi di base, di conoscenza, di cultura, di modo di pensare.
E questo è un compito che hanno i docenti, i ricercatori, ma anche gli studenti, che sono il parametro della collaborazione internazionale.
Auguri ragazzi!