L’Editto dell’Arcivescovo per gli 80 anni del Centro Sportivo Italiano, in festa in piazza Duomo: il testo del documento

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(mi-lorenteggio.com) Milano, 14 settembre 2024 – È in corso di svolgimento a Milano la festa per l’80° anniversario della fondazione del CSI (Centro Sportivo Italiano) in piazza Duomo, che per l’occasione si è trasformata in un “villaggio sportivo” animato da tante attività e testimonianze di campioni dello sport.

L’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, a conferma della vicinanza tra la Chiesa ambrosiana e il Centro Sportivo Italiano, ha presentato in questa occasione il primo “Editto”, come da lui stesso definito, dedicato alle società CSI della Diocesi. Fondato nel 1944 a Roma, il CSI è la più antica associazione polisportiva attiva in Italia, diffusa su tutto il territorio con 154 comitati provinciali, tra cui quello di Milano è il secondo più numeroso d’Italia.

Dopo avere visitato campi di gioco e stand presenti in piazza e avere dato il simbolico calcio di inizio, insieme alla vice sindaco di Milano, Anna Scavuzzo, a un’originale sfida di calcetto tra sacerdoti della Diocesi e rappresentanti della Nazionale dei sindaci, l’Arcivescovo ha dato lettura del documento davanti a numerosi dirigenti del CSI.

Nel testo mons. Delpini si sofferma innanzitutto sul valore dell’inclusività che offre la pratica sportiva: «Lo sport CSI è di tutti. I ragazzi e le ragazze con cittadinanza italiana e i ragazzi e le ragazze di qualsiasi cittadinanza, tutti i cittadini del mondo. Quelli di compagnia e quelli imprigionati nella solitudine. I normodotati e le persone con disabilità. È occasione per tutti per conoscersi e stimarsi».

«Lo sport del CSI – continua l’Editto – fa bene a tutti. Fa bene agli atleti: li rende più forti nelle difficoltà, più capaci di accogliersi gli uni gli altri. Fa bene agli allenatori e ai dirigenti: li rende attenti ai singoli atleti, esperti nel “saper prendere ciascuno” con il suo carattere. Fa bene ai preti: offre al ministero dei preti occasioni per incontrare e accompagnare ragazzi e ragazze che devono essere aiutati a crescere nella fede e a vivere la loro vocazione. Fa bene ai genitori: li coinvolge perché si conoscano e si aiutino, pretende un comportamento corretto anche nel fare il tifo».

L’impegno del CSI non deve però rimanere confinato agli oratori o alle società sportive, ma «essere presenza nei quartieri difficili, in carcere, nei luoghi di povertà educativa, nelle residenze per anziani. Non solo: deve uscire anche dall’Italia e diffondersi nelle periferie del mondo grazie all’azione di CSI per il mondo».

Nella conclusione l’Arcivescovo invita gli atleti, nel corso del nuovo anno di attività sportive, a compiere un gesto simbolico che aiuti a «cambiare le abitudini del mondo dello sport» favorendo la relazione tra gli atleti: «Penso a gesti da introdurre nel protocollo prima della gara, in occasione dell’ingresso in campo». Nel caso delle partite di calcio, ad esempio, la proposta di mons. Delpini è che le due squadre entrino in campo con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra. Proposte analoghe riguardano le sfide di pallavolo e basket. «Si tratta di segni – conclude l’Arcivescovo -. Ma i segni parlano e dicono del desiderio di “cambiare lo sport” per fare in modo che sempre di più esprima tutte le meravigliose potenzialità educative che contiene».

EDITTO

dell’Arcivescovo di Milano per il Centro Sportivo Italiano

in occasione dell’80.mo di fondazione

  1. Lo sport del CSI è per tutti

Tutti sono accolti, tutti sono invitati. Tutti: i grandi e i piccoli. Tutti: i ragazzi e le ragazze con cittadinanza italiana e i ragazzi e le ragazze di qualsiasi cittadinanza, tutti i cittadini del mondo. Tutti: quelli di compagnia e quelli imprigionati nella solitudine. Tutti: i campioni e i mediocri. Tutti: in Italia e all’estero. Tutti: i normodotati e le persone con disabilità. È occasione per tutti per conoscersi e stimarsi.

  • Lo sport del CSI fa bene a tutti

Fa bene agli atleti: li rende più forti nelle difficoltà, più contenti di stare insieme nelle vittorie e nelle sconfitte, più capaci di accogliersi gli uni gli altri.

Fa bene agli allenatori e ai dirigenti: li rende attenti ai singoli atleti, esperti nel “saper prendere ciascuno” con il suo carattere e aiutarlo a integrarsi serenamente nella squadra, saggi nel cercare di formare non solo atleti, ma uomini e donne onesti, generosi, fiduciosi.

Fa bene ai preti: offre al ministero dei preti occasioni per incontrare e accompagnare ragazzi e ragazze che devono essere aiutati a crescere nella fede e a vivere la loro vocazione.

Fa bene ai genitori: li coinvolge perché si conoscano e si aiutino, pretende un comportamento corretto anche nel fare il tifo, anche nel rispettare le scelte dei mister.

  • Lo sport del CSI non è tutto

È importante giocare, ma non c’è solo il gioco. È importante l’allenamento, ma non c’è solo l’allenamento. Gli iscritti del CSI prendono seriamente e appassionatamente lo sport, ma sono aiutati a capire che la vita, la testa, le energie non si esauriscono nello sport: c’è anche la scuola e il recupero dei debiti scolastici, c’è anche la preghiera e la messa della domenica, c’è anche la visita ai nonni.

  • Lo sport del CSI va dappertutto

La bellezza dell’azione educativa del CSI non può restare chiusa nei confini dell’oratorio o della società sportiva. Deve invadere il territorio. Deve essere presenza nei quartieri difficili, in carcere, nei luoghi di povertà educativa, nelle residenze per anziani. Non solo: deve uscire anche dall’Italia e diffondersi nelle periferie del mondo grazie all’azione di CSI per il mondo che invito fortemente a rafforzare e sostenere.

Serve anche un CSI capace di essere presenza nel sistema sportivo italiano e di essere “testimonianza viva” della nostra visione dello sport nei rapporti con il CONI e le federazioni. Chiedo di farlo come “mandato” affidato dalla Diocesi. Chiedo ai Comitati del CSI della Diocesi di “spendersi” in queste direzioni considerandole parte irrinunciabile del loro servizio alla Diocesi.

  • Un gesto per fare la differenza

Voglio un CSI capace di fare la differenza. Voglio società sportive capaci di fare la differenza. CSI e società sportive capaci di cambiare le abitudini del mondo dello sport. Ogni anno lancerò un’iniziativa in questa direzione.

Per la stagione sportiva 2024-2025 voglio soffermarmi sull’aspetto della relazione.

Viviamo un tempo nel quale la diffidenza e la distanza tra le persone è grande. Viviamo spesso da sconosciuti con persone che incontriamo. Capita nel condominio dove abitiamo, sul lavoro e in altri contesti. Chiedo allora al CSI di trasformare un’abitudine. Nello sport le due squadre si incontrano senza conoscersi. Alla fine della partita gli avversari restano sconosciuti. Incoraggio ogni forma di “terzo tempo” ma penso anche a gesti da introdurre nel protocollo prima della gara, in occasione dell’ingresso in campo.

Nel caso delle partite di calcio le due squadre entrano in campo in fila indiana con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra. Sembra banale ma non lo è. Chiunque vedendo quella partita dirà: “Perché vanno così? “ . La risposta è semplice. Perché prima e dopo la partita vogliamo favorire la relazione tra ragazzi e ragazze delle due squadre. Nella chiama prima della partita chiedo al capitano di una squadra di essere presente alla chiama dell’altra squadra e di portare il saluto della sua squadra agli avversari.

Per le sfide di pallavolo e basket, chiedo che prima del fischio iniziale si formi un cerchio con i giocatori mischiati e di fare tutto insieme il tradizionale “urlo pre-partita insieme”. Sarà la squadra di casa a proporre l’urlo. Per la chiama valgono le indicazioni sopra descritte. 

Si tratta di segni. Ma i segni parlano e dicono del desiderio di “cambiare lo sport” per fare in modo che sempre di più esprima tutte le meravigliose potenzialità educative che contiene.

+ Mario Delpini

Arcivescovo di Milano

14 settembre 2024

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