(mi-lorenteggio.com) Milano, 27 agosto 2024 – Sulla Legge Salva Milano, anche alla luce della recente sentenza del Tar Lombardia, il parere del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici,
In prima battuta urge approvare la proposta di legge giacente alla Camera c.d. Salva Milano
Normare anche il regime dei suoli con il jus aedificandi prima ancora di legiferare sulla rigenerazione urbana
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“<La sentenza del Tar della Lombardia n. 2353/24, pubblicata il 7 agosto 2024, ha giudicato non rientranti nel concetto di ristrutturazione edilizia gli scostamenti che inducano incrementi strutturali e funzionali (e quindi nuovi carichi insediativi) del realizzando edificio, rispetto all’originario fabbricato.
Anche alla luce di tale sentenza, auspichiamo l’approvazione urgente della proposta di legge c.d. “Salva Milano”, che deve preludere ad affrontare legislativamente la questione della rigenerazione urbana, non prima di aver risolto, sul medesimo piano legislativo nazionale, il nodo del regime dei suoli, inteso come normazione della edificabilità degli stessi. Un tema questo di cui il mondo politico si è bellamente dimenticato e che possiamo sintetizzare nella questione se e in che misura pertenga a tutte le aree una potenzialità edificatoria, e come si determini la capacità edificatoria delle stesse. E’ il grande e annoso tema della perequazione in urbanistica.
Il caso Milano in urbanistica è frutto del criterio della concorrente potestà legislativa tra Stato e Regioni introdotto in materia nel nostro ordinamento, con la prevalenza della legislazione nazionale su quella regionale per quanto riguarda i principi generali. Siamo arrivati ad una Italia di Arlecchino, dove in alcune regioni è rimasto il piano regolatore generale PRG (strumento di pianificazione territoriale rigido, basato sulla zonizzazione funzionale ); in Lombardia si è introdotto il Piano di Governo di Territorio PGT (strumento flessibile basato sulla perequazione e sui suoi meccanismi) che si porta appresso la contrattazione urbanistica . Altre regioni si sono dotate, in variante alla legislazione nazionale, di propri strumenti pianificatori . Allo stato credo che non si possa adeguatamente affrontare, a livello legislativo nazionale, il tema della rigenerazione urbana , senza aver risolto preliminarmente, sul medesimo piano legislativo, il nodo del regime dei suoli, inteso come normazione del diritto di edificare, conseguente alla pianificazione territoriale.>”
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Sintesi della proposta di legge n.1987, presentata il 24 luglio scorso alla Camera dei Deputati dagli onorevoli Mattia, Zinzi,Cortellazzo,Semenzato della maggioranza.
Essa si compone di un articolo unico, prevede, al comma 1, che, in vista di un riordino organico della disciplina di settore, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del Dlgs 281/97, il Governo, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane coordinano l’esercizio delle rispettive competenze per l’individuazione dei casi in cui è necessario adottare l’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata di cui all’articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge 1150/42, e all’articolo 8 del Dm Lavori pubblici 1444/68, nonché degli interventi qualificati come « ristrutturazione edilizia » ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del Tu edilizia 380/2001.
Tale individuazione deve tenere conto delle esigenze di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione, e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale.
Al comma 2 (e ai seguenti 3, 4 e 5) c’è il “Salva Milano” vero e proprio, che naturalmente non si riferisce esplicitamente a Milano ma riguarda situazioni analoghe in tutta Italia: si stabilisce che gli interventi realizzati o assentiti fino alla data di entrata in vigore della disciplina di riordino del settore di cui al comma 1, non preceduti dall’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata di cui all’articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge 1150/1942 e all’articolo 8 del Dm Lavori pubblici 1444/68, fatti salvi quelli per i quali sia stata disposta la demolizione o riduzione in pristino con provvedimento definitivo, sono considerati conformi alla disciplina urbanistica, purché si tratti di:
a) edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati;
b) sostituzione di edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata;
c) interventi su edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dal medesimo articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge n. 1150/1942, ferma restando l’osservanza della normativa tecnica delle costruzioni.
Il comma 3 stabilisce le condizioni della conformità alla disciplina urbanistica di cui al comma 2:
a) verifica dell’adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali;
b) rispetto, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, della distanza minima tra fabbricati, derogabile tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario.
Il comma 4 prevede una disciplina transitoria, stabilendo che costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del Tu Edilizia Dpr 380/2001, anche gli interventi di totale o parziale demolizione e ricostruzione realizzati o assentiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del Dl 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 98/2013, fino alla data di entrata in vigore della disciplina di riordino del settore di cui al comma 1, che portino alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali, ferma restando la verifica di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali. È fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera d), sesto periodo, del Tu 380/2001.
Il comma 5 precisa che sono esclusi dall’applicazione della disposizione transitoria del comma 4 gli interventi per i quali sia stata disposta la demolizione o riduzione in pristino con provvedimento definitivo.
Il comma 6 chiarisce che resta ferma, in ogni caso, l’applicazione delle disposizioni del Tu 380/2001, previste dall’articolo 3, comma 1, lettera d), relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia, dall’articolo 22 relativo agli interventi subordinati a segnalazione di inizio attività e dall’articolo 23 relativo agli interventi subordinati a segnalazione di inizio attività in alternativa al permesso di costruire, cosiddetta «super SCIA», per gli interventi di ristrutturazione edilizia volti a trasformare un singolo organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un singolo organismo edilizio in tutto o in parte di verso dal precedente.
Il comma 7 precisa che l’applicazione delle disposizioni contenute nella legge non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.
Il comma 8 fa salvo quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Il comma 9 precisa che la legge non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.