(Mi-lorenteggio.com) Roma, 16 maggio 2024 – Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presenziato alla XI edizione della Giornata del Laureato nell’Aula Magna della Sapienza, Università di Roma.
Dopo i saluti della Rettrice Antonella Polimeni e l’introduzione di Eugenio Gaudio, Presidente della Fondazione Roma Sapienza, Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera e laureato illustre dell’Ateneo, ha svolto una Lectio brevis.
Al termine degli interventi, ha preso la parola il Capo dello Stato.
L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Sono molto grato alla Magnifica Rettrice e al Professor Gaudio per l’invito a essere presente.
In questi anni del mio mandato sono venuto più volte alla Sapienza. Torno dopo esserne uscito 60 anni addietro con la seduta di laurea presieduta dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza di allora: l’indimenticabile storico del diritto Francesco Calasso – poc’anzi ricordato dal professor Gaudio – con l’intervento del relatore della mia tesi, il maestro di diritto costituzionale, Carlo Esposito.
Ho ben poco da aggiungere alle parole della splendida lectio del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, che ha, in maniera estremamente efficace, espresso e fatto intendere lo spirito de La Sapienza: il desiderio sollecitato per gli studi, per il loro approfondimento, per tradurli negli impegni nella vita della società, negli impegni professionali.
Anche per questo spirito sono molto lieto. Ringrazio per il coinvolgimento che mi consente di essere qui oggi in una veste diversa, perché coinvolto in NoiSapienza e nella Fondazione Sapienza.
La Sapienza che – come abbiamo appreso e rivolgo i complimenti alla Rettrice – detiene il primato mondiale degli studi classici. È un motivo di grande orgoglio, di forte orgoglio per i docenti e ricercatori che sviluppano e coltivano la ricerca in questo fondamentale settore scientifico in questo Ateneo.
Penso che questo riconoscimento si riverberi anche su tutti gli altri insegnamenti e tutti gli ambiti dell’Ateneo. E anche per questo è ancora più intenso l’augurio e le congratulazioni ai nuovi laureati, a quelli presenti, particolarmente brillanti, e a tutti i neo laureati della Sapienza.
È una fase che si chiude e che ne apre una entusiasmante: quella di investire quanto avete studiato e quanto avete conseguito in preparazione e in esperienza accademica.
Adesso mi consentirete di esprimere qualche considerazione su un versante diverso. Perché una lettera che è stata pubblicata da alcune agenzie di stampa e su alcuni quotidiani, mi ha sollecitato a non rinchiudermi in quella che è stata definita la “torre d’avorio” del Rettorato. Venendo ho visto un cartello che sostanzialmente mi chiedeva cosa penso di quanto avviene a Gaza ed è quello che si registra in diversi atenei in questo momento.
Non voglio lasciare questa domanda senza risposta. Il nodo è la questione della pace in Medio Oriente, del diritto all’esistenza in sicurezza di Israele, dei diritti del popolo palestinese e, tra questi diritti, quello di avere uno Stato in cui riconoscersi.
È una questione che la comunità internazionale avverte con grande preoccupazione e non da oggi. E non soltanto da quando l’assassino di tante persone inermi ad opera di Hamas ha innescato una spirale di spaventosa violenza.
Quel che penso su quanto avviene a Gaza l’ho detto pubblicamente, e non in circostanze fortuite o informali, ma in occasioni pienamente significative, come nell’intervento che ho fatto otto giorni fa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. O con la lettera che, l’altro ieri, ho inviato per la festa di quella repubblica, al Presidente della Repubblica di Israele, reiterando la richiesta di un immediato cessate il fuoco.
Tutto quel che riguarda la dignità delle persone, di ogni persona, la loro libertà, l’esigenza di rispettare il diritto umanitario è indicato nella nostra Costituzione ed è quindi doveroso per la Repubblica italiana.
Questo vale in ogni direzione. Vale per le popolazioni civili, tra cui i bambini, anziani. Come per Gaza, come per il popolo palestinese, con migliaia di vittime, con molti orfani, con un gran numero di persone senza casa.
Vale per i ragazzi e le ragazze uccise e stuprate mentre ascoltavano musica in un rave, il 7 ottobre dell’anno passato in Israele. Vale pensando ai bambini sgozzati quel giorno. Vale per il rapper condannato all’impiccagione perché ha diffuso una canzone sgradita al regime del suo Paese, l’Iran. Vale per Masha Amini e per le tante ragazze iraniane che, come lei e dopo di lei, sono state incarcerate, torturate, sovente uccise, per il rifiuto di indossare il velo, o perché non lo indossavano bene,
Vale per le ragazze cui è proibito frequentare l’università e addirittura la scuola come avviene in Afghanistan.
Per la nostra Repubblica, tutte le violazioni dei diritti umani vanno denunciate e contrastate. Tutte, ovunque, sempre, perché la dignità umana, la rivendicazione della libertà, la condanna della sopraffazione, il rifiuto della brutale violenza non cambiano valore a seconda dei territori, a seconda dei confini tra gli Stati, a seconda delle relazioni internazionali tra parti politiche o movimenti.
Questa consapevolezza viene avvertita fortemente nelle università e in chi le frequenta, perché ne costituisce patrimonio, perché da un millennio le università sono la sede – come ricordava poc’anzi la Rettrice – del libero dibattito, della libertà di critica, talvolta anche del dissenso dal potere. Sempre in collegamento tra loro. Al di sopra dei confini degli Stati, sempre in collegamento con gli Atenei di ogni parte del mondo.
La libertà, la pace e i diritti umani passano attraverso il dialogo, attraverso il confronto, attraverso la loro libera circolazione, contro la violenza e contro l’odio che, diffondendosi, conducono a esiti raccapriccianti. Come ieri è avvenuto in Slovacchia.
Il potere, quello peggiore, desidera che le università del proprio Paese siano isolate, senza rapporti né collaborazioni con gli Atenei di altri Paesi, perché questa condizione consente al peggiore dei poteri di controllare le università, di comprimerne il livello culturale, di comprimere la cultura e di impedirne il grido e la spinta di libertà.
Ribadisco l’auspicio del dialogo in ogni ambito nel nostro Paese, tra le diverse componenti sociali e le Istituzioni e nell’ambito accademico, tra le varie componenti dell’università, nel reciproco rispetto con attenzione particolare – vorrei segnalare – a tutto ciò che attiene all’effettività del diritto allo studio.
Senza che alcuno ritenga di poter esigere di imporre valutazioni o decisioni ma nel rispetto delle altrui opinioni, perché in questo rispetto risiede la libertà.