Milano, 16 aprile 2024 – Sono numerose le persone che si dedicano a piccole coltivazioni di cannabis come hobby. In questi casi, prima di iniziare è opportuno informarsi su diversi aspetti, tra cui l’illuminazione.
Dopo aver trovato i semi di cannabis adatti – una distinzione tra le più importanti è quella tra semi autofiorenti e fotoperiodici, prodotti facilmente reperibili su shop famosi come Sensoryseeds – è necessario soffermarsi sulle luci.
Quali sono i consigli da seguire? Scopriamo assieme i principali nei prossimi paragrafi.
Luci artificiali per coltivare la cannabis: le tipologie più diffuse
Chi coltiva la cannabis tra le mura domestiche, tende a scegliere quasi sempre tre tipologie di luci. Ecco quali sono:
- HID, altrimenti note come lampade a scarica con alta intensità: si tratta dell’opzione con la storia più lunga alle spalle. La loro popolarità, infatti, ha iniziato a prendere piede attorno agli anni ‘90. Famose per la loro versatilità – vengono usate sia da coltivatori esperti, sia da chi è alle prime armi – al giorno d’oggi sono apprezzati soprattutto dai growers che considerano il parametro dei lumen come riferimento primario in fase di scelta dell’illuminazione per le piante di cannabis.
- CFL: queste lampade per la coltivazione di cannabis indoor sono consigliate soprattutto per la fase di crescita e di fioritura. Rappresentano una delle migliori soluzioni nei casi in cui si coltiva tra le mura domestiche con poco spazio a diposizione.
- LED: negli ultimi anni, i LED si sono guadaganti un palcoscenico di successo, arrivando, di fatto, a togliere quote di mercato alle lampade HID. Tra i motivi del loro aumento di popolarità è possibile citare innanzitutto gli ottimi effetti riguardanti il risparmio in bolletta, una voce di spesa molto rilevante per chi coltiva indoor.
I vantaggi dei LED di nuova generazione
I LED si possono definire, a ragione, come la soluzione di nuova generazione per illuminare la cannabis in maniera efficace. Oltre al vantaggio del prezzo contenuto, è doveroso chiamare in causa il fatto che queste lampadine producono poco calore.
Attenzione: rimane essenziale passare in rassegna con cura le istruzioni del produttore, onde evitare di posizionare le piante troppo vicine alla fonte luminosa, con tutti i rischi del caso per quanto riguarda la compromissione dell’integrità delle foglie.
Nel prossimo paragrafo, vediamo nel dettaglio qualche consiglio pratico relativo alla distanza ideale tra le piante e le lampade a LED.
Qual è la distanza ideale tra le piante di cannabis e le lampade a LED?
Quando si chiamano in causa le lampade a LED specifiche per coltivare la cannabis nelle grow room, è importante ricordare che, se da un lato viene emesso meno calore, dall’altro, invece, è particolarmente alta la pressione luminosa, ossia la forza che viene esercitata su un corpo nel momento in cui quest’ultimo è esposto a radiazioni elettromagnetiche.
I valori della pressione luminosa delle lampade a LED sono alti anche a fronte di temperature basse.
Questa peculiarità espone le foglie delle piante di cannabis a un maggior rischio di andare incontro a bruciature.
La risposta alla domanda “A quale distanza dalle piante posizionare i LED?” dipende dal modello della lampada. Nella maggior parte dei casi, i produttori includono nelle schede presenti nelle confezioni e online tutti i riferimenti in merito.
Un segnale che deve mettere in allarme il growers è senza dubbio lo sbiancamento delle foglie. Se ci si accorge che è particolarmente intenso, è bene spegnere subito le luci.
Un criterio utile in generale per gestire le distanze tra piante e luci a LED riguarda la potenza.
Dai 300 W in su, è opportuno mantenersi attorno ai 70 cm di distanza tra corpo illuminante e chioma delle piante.
Dai 450 ai 550 W, la distanza consigliata va dai 50 ai 75 cm circa.
L. M.