LIMES dedicato alla Svizzera – Presentato il nuovo numero al Centro Svizzero di Milano

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di Saverio Fossati

(mi-lorenteggio.com) Che cos’è la Svizzera? Noi italiani crediamo di saperlo bene, di andare al di là della potenza bancaria e  tecnologica elvetica e di capirne anche i valori e lo spirito del suo popolo. Ben oltre gli stereotipi. Ma le cose sono più complicate di come appaiono anche a un osservatore un po’ smaliziato. Per questo il consolato elvetico a Milano ha organizzato la presentazione del numero della Rivista italiana di geopolitica Limes “Svizzera, la potenza nascosta”, mercoledì 20 marzo, presso la Sala Meili del Centro Svizzero di Milano.

All’evento, dopo la presentazione del Console generale Stefano Lazzarotto, che ha sottolineato l’importanza dell’evento nell’ambito della strategia di comunicazione del Dipartimento degli affari esteri, sono intervenuti gli autori degli articoli contenuti nella rivista: l’Ambasciatrice Monika Schmutz Kirgöz, il Direttore della rivista Limes Lucio Caracciolo e l’avvocato e delegato relazioni estere della Camera di commercio del Canton Ticino Michele Rossi. A moderare Agnese Rossi, Collaboratrice di Limes. 

A rispondere alle sollecitazioni della moderatrice è stato per primo Caracciolo, che ha ricordato come la Svizzera sia da sempre la via più diretta verso l’Europa del nord e l’Italia è stata fondata da un mezzo svizzero come Cavour. Ma perché è una potenza? “Sui siti specializzati – ha detto Caracciolo – la Svizzera è sempre tra i primi dieci Paesi, in particolare tra siti Usa che distinguono per categoria, definendola una best country anche come potenza culturale e per il suo sistema educativo. Un Paese che dagli altri sempre considerato come riferimento quando c’è una crisi. Un Paese neutrale per definizione ma che si è schierato nettamente contro la Russia e applica tutte le relative sanzioni europee. La stessa Italia oggi è più neutrale della Svizzera, non bisogna farsi ingannare dalla sigle. La Svizzera ha poi questa capacità non solo di attrarre ma anche di trattenere le più svariate categorie di persone, e non è multiculturalismo”.

L’ambasciatrice Schmutz Kirgöz ha affrontato il tema del femminismo, oggetto del suo approfondimento su Limes, dove racconta la faticosa evoluzione dell’emancipazione femminile nella Confederazione: “Alcuni hanno sostenuto che io critico la Svizzera ma invece io affermo il successo svizzero proprio anche per il percorso dell’emancipazione femminile. E c’è un patto sociale basato sulle istituzioni che funzionano e sulla democrazia diretta. Ci sono tantissime differenze anche su come dire ‘io sono femminista’, perché da noi è normale dichiararlo mentre quando lo ho detto alla Tv italiana come ambasciatrice ho anche suscitato stupore. Eppure io rappresento tutta la Svizzera, anche le donne. Trenta anni nei corsi per manager fa si diceva che le donne dovessero essere come gli uomini, quindici anni fa la diversità è diventata un valore. Oggi si dice ‘cercate di prendere il potere e poi vedremo’”.

Ossi, che aveva centrato il suo contributo sui frontalieri in Ticino, ha evidenziato che in quel cantone  la situazione economica non corrisponde a quello che la politica ama raccontare, cioè che i problemi sono causati dai frontalieri. Mentre in generale il mercato del lavoro del cantone non è problematico: “Negli ultimi il livello salariale è cresciuto, meno che a Zurigo (ma è sempre stato così e un caffè a Zurigo costa 5 euro, a Lugano la metà)  e la disoccupazione è dimezzata. In realtà il Ticino è cresciuto economicamente solo dal secondo dopoguerra, prima o ticinesi emigravano ed è stata soprattutto lo sviluppo della piazza  finanziaria ad averne merito. E teniamone conto, perché la Storia potrebbe cambiare ancora”.
Del resto, ha ricordato Rossi, dal 2002 vige il regime di libera circolazione delle persone. Prima anche i cittadini Ue c’erano contingenti di permessi di residenza e il datore di lavoro deve dimostrare che non ha trovato uno svizzero per quella mansione: “Dal 2002 i frontalieri sono così passati da 30mila a 80mila e questo ha provocato una reazione negativa ma questo non ha portato né a un calo dei salari né a un aumento della disoccupazione: Ginevra, che confina con la Francia, ha più frontalieri del Ticino ma lì non c’è alcun mal di pancia. Piuttosto, la trasformazione della piazza finanziaria e la partecipazione al sistema dei controlli fiscali ha portato a rivedere determinate attività rispetto alla ricchezza arrivata in Ticino dal secondo dopoguerra  e questo non viene compreso mentre il malessere è attribuito ai frontalieri”. Sulla stessa linea Schmutz Kirgöz: “La Svizzera ha il 28% di stranieri e  c’è bisogno di loro, quindi la fobia è politica, che forse condividiamo con alcuni partiti dell’Italia, che ha anch’esso bisogno di manodopera. E il canton Berna ha votato ieri la possibilità per gli ucraini laureati di seguire una formazione e insegnare poi in Svizzera, dove mancano gli insegnanti”.

Caracciolo ha poi parlato dell’understatement elvetico: “Uno dei  problemi della Svizzera è nell’aumento della visibilità, voi avete una contraddizione tra il non voler entrare in Ue ma nel seguirne le politiche, quindi questo atteggiamento di giocare su una scala più bassa di quella effettiva fa parte dell’eccesso di modestia e dello stare bene con voi stessi, problema che noi italiani non abbiamo”. “Ma le nostre contraddizioni – ha risposto Schmutz Kirgöz –  fanno parte del dibattito continuo che è il modo di essere svizzeri; la Svizzera non oserebbe mai di poter insegnare qualcosa agli altri, anche se funzioniamo bene, questa è la nostra modestia. Si parla di neutralità da quando siamo meno neutrali ma neutralità non vuol dire indifferenza e tutto ciò che abbiano fatto è aumentare i pacchetti di sanzioni europei alla Russia. Del resto siamo anche dentro il Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Rossi ha aggiunto che non è la prima volta. “La Svizzera aveva ripreso le sanzioni anche durante le guerre del Golfo e del Kosovo, ci sono forse politici che ne parlano ma la nostra neutralità non è cambiata, ogni stato neutrale non partecipa alla guerra ma può fare scelte economiche diverse”. E Caracciolo ha sottolineato che  la neutralità è stata per la Svizzera  un modo per essere più potente e con il suo pragmatismo risolvere tante controversie: “Ora è più difficile giocare questa carte e ciò diminuisce la potenza della Svizzera. Del resto la Svizzera nel passato non poteva non essere neutrale, l’alternativa era quella di sparire”.

Il dobattitpo si è poi spostato sul tema della sicurezza dei cittadini.  “Fa piacere – ha detto Schmutz Kirgöz – che rimanga l’idea che la Confederazione sia un paradiso totale dove la sicurezza è garantita ma l’unico posto dove mi hanno rubato la valigia è il mio Paese. Le forze dell’ordine funzionano bene con 26 forze di polizia federale e cantonale e in un mondo globalizzato non è facile, la ndrangheta usa Germania  Svizzera cone piattaforma”. “Però – ha replicato Rossi – gli  imprenditori italiani che si trasferiscono i Svizzera si sentono certo più sicuri ma… c’è la burocrazia; spesso la Pubblica amministrazione ticinese effettua controlli che non hanno molto senso e non si ricordano che stanno controllando, magari sul numero dei giorni di residenza, persone che ci stanno facendo dei favori perché investono qui e creano posti di lavoro; non va dimenticato che queste persone vanno accolte perché sono preziose e contribuiscono alla nostra ricchezza”.

Noi svizzeri, ha concluso Schmutz Kirgöz, vogliamo  anzitutto essere svizzeri, la Svizzera ti dà tutto e le nostre scuole e università pubbliche sono le migliori e gratuite, nelle scuole private va chi non riesce. Da noi è davvero ancora tutto possibile e si diventa cittadini svizzeri con regola precise che premiano i figli degli stranieri”.

Redazione

Foto:

  • Monika Schmutz Kirgöz,
  • Stefano Lazzarotto
  • Lucio Caracciolo
  • Michele Rossi

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