di Saverio Fossati
(mi-lorenteggio.com) Milano, 15 marzo 2024 – Qui Stadio, abbiamo un problema. Al convegno organizzato il 15 marzo dal Centro Studi Circolo Caldara di Milano si sono confrontati i soci del circolo con i consiglieri comunali di (quasi) tutti i partiti sulla questione dello Stadio Meazza. Ha colpito comunque, nella serrata discussione, che la ritrovata unanimità sull’ipotesi ristrutturazione serva in realtà ad accusare la maggioranza di averci pensato solo adesso.
Già nel maggio 2023 era stato elaborato, proprio dal Caldara, uno studio articolato sulla diatriba in corso tra Comune e società calcistiche, intitolato “Calcio come patrimonio sociale e civico”, piuttosto critico con l’amministrazione comunale. Il gruppo di lavoro era composto da Salvatore Crapanzano (coordinatore anche del dbattito del 15 marzo), Franco D’Alfonso, Walter Marossi, Gabriele Rabaiotti e Pippo Amato.
Nel documento, viene segnalata “(…) una oggettiva mancanza di adeguato ruolo del Comune.
Palazzo Marino deve inquadrare e utilizzare l’intervento dei privati in un quadro di riferimento più ampio che gli è proprio e gli è dovuto, deve garantire scelte più corrette, ben motivate, sostenibili, controllabili; è stato esaminato in modo non corretto il possibile riutilizzo del Meazza sia come stadio di calcio, sia per altri utilizzi; sono stati utilizzati tempi lunghi, che però non garantiscono un risultato adeguato; si deve trovare una soluzione migliore di quella proposta”. E viene rilanciata la proposta di Franco D’Alfonso, ex assessore della Giunta Pisapia: “Fondamentale la gestione diretta del Comune della questione, costituendo una società sul mercato solo al 49%“. In sostanza, al Comune viene rimproverata un’assenza di impegno rispetto all’attivismo dei club: il Milan che preme per un nuovo stadio a San Donato e l’Inter che vuole restare a San Siro. Per la ristrutturazione è (da sempre) anche Alessandro Giungi, consigliere comunale Pd, che ha partecipato all’incontro con i colleghi Enrico Fedrighini (gruppo misto) e Carlo Monguzzi (Verdi), anche loro pro ristrutturazione.
In sala erano presenti anche l’architetto Giulio Fenyves (Arco Associati, che ha presentato il suo progetto di ristrutturazione che permette di non sospendere le partire durante i lavori) e gli ingegneri Riccardo Aceto e Nicola Magistretti (il loro progetto di ristrutturazione prevede una gradualità di interventi e un costo di circa 350 milioni).
Tutto il dibattito era in sostanza orientato al mantenimento della struttura, con grandi lavori di ripristino, senza la demolizione. Una spinta che va soprattutto in direzione di Palazzo Marino. A introdurre il dibattito è stato Crapanzano, che ha richiamato la necessità di rivolgersi a studi cittadini che collaborino con professionisti e cittadini, evitando le archistar: “Questo è uno stadio che può essere ristrutturato ‘a spicchi’, senza impedire lo svolgimento delle partite, e che dovrà tenere conto anche dell’impatto acustico e ambientale”.
Giungi ha ricordato la sua opposizione con Monguzzi, sin dall’inizio nel 2021, soprattutto a fronte dell’impatto ambientale di un nuovo impianto e dell’affermata impossibilità della ristrutturazione: “E si diceva che era impossibile, che sarebbe costato 500-700 milioni e le squadre non avrebbero potuto giocare durante i lavori. Ma non ero convinto. E c’era un progetto molto serio già all’epoca, con idee che venivano da persone che non avevano interessi. Così da due consiglieri diventammo nove”.
Alessandro De Chirico, capogruppo di Fi in consiglio comunale, ha confermato di aver cambiato radicalmente opinione su demolizione e dopo l’incontro con Fenyves: “Le squadre si sono sedute intorno a un tavolo con il sindaco e c’è stata l’autocandidatura di We build anche se le squadre non hanno ancora dato indicazioni su servizi, posti vip, insonorizzazione, traffico. In settimana il sindaco ha cominciato a parlare di piano B in caso le squadre decidano di continuare i loro vecchi percorsi”.
Secondo Mariangela Padalino, consigliere comunale di Noi Moderati, ha lanciato proposte concrete: “Ci sofferma sul manufatto, che deve restare il più integro possibile squadre e brand San Siro devono restare a Milano. Ma che sia uno stadio per il calcio o per i concerti, occorre agire sulla mobilità: venti o diecimila auto in occasione di partite o concerti che invadono il territorio. E una Ztl che autorizzi chi ha il biglietto non serva assolutamente a nulla. Piuttosto, con gli oneri di urbanizzazione si potrebbe allungare la metro di due fermate sino ai vecchi parcheggi di Italia 90”.
Tommaso Gorini (consigliere comunale Verde) ha richiamato la necessità di un tavolo tra parte provata e parte pubblica per definire i servizi alla cittadinanza, soprattutto quando si parla di cessione dell’impianto e dei terreni: cosa vogliamo ottenere come pubblico in cambio? Ora ci troviamo con una sola proposta di progetto mentre coinvolgendo i cittadini, anche alla luce del piano B, possiamo ragionare in modo più ampio anche su cosa sia il business del calcio, con la visione delle squadre come aziende che producano utile.
Qualche domanda se la è fatta Samuele Piscina (consigliere comunale della Lega): “Se le squadre decidessero di non restare dentro San Siro, cosa facciamo di San Siro, visto che il Comune incassa 3-4 milioni al netto della manutenzione? Se l’alternativa sono solo i concerti è chiaro che la manutenzione deve essere fatta ma dove il Comune può recuperare centinaia di milioni di euro? Per questo ero favorevole alla cessione ma la nostra proposte è di renderlo il più polifunzionale possibile”.
Gabriele Rabaiotti (consigliere comunale di Beppe Sala Sindaco) ha detto che a consentire il ripescaggio dell’ipotesi ristrutturazione sono state le circostanze generali e che “Il progetto debba rispondere all’interesse pubblico, con un processo di valutazione pubblico, ciò che non è accaduto nella prima fase”.
Marco Bestetti (consigliere di FdI) ha ricordato la sua posizione che, al contrario di molte, era ed è rimasto contrario alla demolizione: “La città non veniva coinvolta ma noi decidemmo di promuovere un’assemblea al municipio 7 dove le società hanno dovuto confrontarsi con i cittadini, quindi sono d’accordo con Rabaiotti sull’interesse pubblico. Oggi sembra che l’ipotesi per convincere le società alla ristrutturazione sia la cessione dello stadio e in questo va individuato l’interesse pubblico: per me è il quartiere che vive da decenni il malessere di avere lo stadio, quindi il primo punto è il risarcimento di quel quartiere, con la mobilità e i parcheggi di Italia 90 da riusare, ipotesi rifiutata per ora dalla maggioranza”.
Per Gianmaria Radice (consigliere comunale Riformisti): “Dobbiamo superare un quadro desolante, l’unica cosa veramente importante è che tutto ciò che sia intorno allo stadio sia animato tutti i giorni dell’anno, l’interesse pubblico è nell’area intorno a San Siro. Ricordando che la ristrutturazione del San Carlo è costato 1,3 miliardi, quindi 350 milioni per il Meazza è una cifra irrealistica”. Sono seguiti gli interventi di Marco Carlo Fumagalli (consigliere del gruppo Beppe Sala Sindaco), che ha confermato come la ristrutturazione sia l’unica strada possibile, Carlo Monguzzi, che ha definito surreale la conversione collettiva alla ristrutturazione mentre cinque anni sembrava impossibile per tutti. “E se il Comune ora vuole ristrutturare, perché non ritira il ricorso contro la Soprintendenza che ha evidenziato l’esistenza di vincoli che impediscono la demolizione?”. Filippo Barberis (consigliere Pd) ha cercato di replicare: “Credo che siamo delle grandi opere che in Europa sono molto divisive e complesse con modifiche e ripensamenti dei progetti e non siamo una banda di matti che pensano a dividersi ma che ci siano delle complessità E non ho pareri molto netti su ciò che succederà. E c’è l’insostituibilità dei soggetti privati: non si può fare a meno delle squadre. Ora c’è una finestra di opportunità diversa rispetto alla sensibilità delle squadre e meno onerosa”.
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