Ospedale San Raffaele – Telethon – Terapia genica ADA-SCID: positivi i risultati a lungo termine, ora si lavori per garantire diagnosi precoce a accesso

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(Mi-lorenteggio.com) Milano, 14 febbraio 2024 – La terapia genica per la rara immunodeficienza ADA-SCID conferma anche sul
lungo periodo un rapporto favorevole tra rischi e benefici: è quanto emerge da uno studio1 pubblicato su Nature Medicine dai medici e ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget)
di Milano, che riporta i dati di 43 pazienti trattati a partire dal 2000, 19 dei quali dopo la registrazione della
terapia nell’Unione Europea nel 2016. Quella per l’ADA-SCID è infatti una delle terapie avanzate più
“longeve”, tra le prime al mondo a essere approvate come farmaci a tutti gli effetti. Terapia per la quale,
dal 2023, la Fondazione Telethon è diventata responsabile della produzione e distribuzione,
scongiurandone così il ritiro dal mercato dopo il disinvestimento da parte dell’azienda produttrice visto lo scarso ritorno economico.
L’ADA-SCID è una malattia genetica molto rara: l’incidenza annuale è stimata tra 1/375.000 e 1/660.000 di nati vivi2 e, in base ai dati sui nuovi nati nell’Unione Europea (circa 4 milioni l’anno)3 , si stima che ogni anno nascano tra i 6 e i 11 bambini con questa patologia nei 27 paesi Ue. È dovuta al difetto nel gene dell’adenosina deaminasi, un enzima essenziale per la produzione e la maturazione dei linfociti, un particolare tipo di globuli bianchi. Senza questa proteina, il sistema immunitario non si sviluppa correttamente e non riesce a combattere le infezioni più comuni, che possono risultare anche fatali. Questi bambini sono quindi costretti a vivere in un ambiente sterile e isolato, tanto che per loro è stata coniata l’espressione di “bambini bolla”.
Attualmente la terapia di prima scelta per l’ADA-SCID è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche da
donatore familiare compatibile, che può curare la malattia ma è disponibile in meno del 20% dei casi4
.
Quando questo non è fattibile, la terapia genica rappresenta una valida opzione terapeutica: si somministra una sola volta nell’arco della vita e consiste in un vettore di origine virale contenente una versione corretta del gene difettoso nei pazienti. Messo a contatto con le cellule staminali ematopoietiche prelevate dal paziente stesso, il vettore permette di ripristinare la produzione della proteina mancante. Reinfuse nel sangue, le cellule così corrette sono in grado di dar vita a linfociti funzionanti e di difendere così l’organismo dalle infezioni.
«In questo lavoro descriviamo come anche dopo la commercializzazione la terapia genica per l’ADA-SCID
continui a essere sicura ed efficace, come già dimostrato nella fase sperimentale iniziata nel 2000»
commenta Maddalena Migliavacca, immunologa pediatra e ricercatrice nell’Unità Operativa di
Immunoematologia Pediatrica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. «I pazienti sono tutti vivi e nella maggior
parte dei casi non hanno avuto bisogno di ulteriori terapie curative dopo la terapia genica. La loro qualità di vita è migliorata sensibilmente, hanno potuto sottoporsi regolarmente alle vaccinazioni, andare a scuola e condurre finalmente una vita in comunità. Nei pochi casi – circa il 15% – in cui il trattamento non ha funzionato, siamo potuti intervenire con successo con il trapianto da donatore. Continueremo a seguire i nostri pazienti

per almeno 15 anni dalla somministrazione della terapia per monitorare la sicurezza a lungo termine: questo
ci permetterà di studiare anche aspetti ancora poco noti di questa malattia non legati all’immunità, come
quelli neurologici e metabolici».
L’osservazione sul lungo periodo di questi pazienti ha messo in luce ancora una volta l’importanza della
diagnosi precoce. Come spiega Maria Pia Cicalese, immunologa pediatra e ricercatrice dell’Università VitaSalute
San Raffaele di Milano, «la risposta al trattamento è migliore quanto prima riusciamo a intervenire,
perché si riduce l’arco di tempo in cui la malattia può danneggiare l’organismo. Grazie all’esperienza maturata
in questi anni abbiamo migliorato il nostro approccio, i pazienti arrivano a sottoporsi alla terapia genica in
condizioni migliori e questo ha un impatto anche sull’efficacia a lungo termine. Ecco perché è fondamentale
che si diffonda quanto più possibile lo screening neonatale, un test che consente di identificare la malattia
alla nascita e di intervenire prima che abbia determinato danni irreparabili. Purtroppo, però, siamo ancora
lontani da un’applicazione di questo tipo di esame sull’intera popolazione».
Attualmente in Italia né l’ADA-SCID né le altre immunodeficienze combinate gravi fanno parte del pannello
nazionale di screening neonatale. Alcune regioni, però, hanno attivato dei progetti pilota: la prima è stata la
Toscana, già nel 2011. Negli ultimi anni, la Campania e la Liguria hanno condotto dei programmi di screening
a scopo di ricerca, così come l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova e il centro screening di Palermo.
Le ultime regioni ad aver introdotto lo screening sono state l’Abruzzo, la Puglia e la Lombardia5
. Nel mondo,
invece, tra i Paesi che hanno introdotto lo screening per questa patologia ci sono Germania, Regno Unito,
Paesi Bassi, Svezia, Irlanda, Israele, Brasile, India, Stati Uniti.
Lo studio ha messo in luce anche le disparità di accesso alla terapia: il farmaco viene somministrato
soltanto in Italia, presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, unico centro autorizzato. Per i pazienti italiani il
rimborso da parte del Sistema sanitario nazionale è automatico, mentre per quelli di altri Paesi dell’Unione
europea avviene soltanto previa autorizzazione da parte del sistema sanitario del Paese di provenienza.
«Purtroppo, questo passaggio non è sempre facile – commenta Alessandro Aiuti, vicedirettore dell’SRTiget
e professore ordinario di Pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaele. «Tra i pazienti elegibili alla
terapia genica che ci sono stati riferiti, alcuni non hanno ricevuto il trattamento per difficoltà di accesso alla
terapia rimborsata. La Fondazione Telethon ha fatto in questi anni un grande sforzo per facilitare l’accesso
grazie al programma di accoglienza “Come a casa”, che offre supporto a 360 gradi alle famiglie che vengono
in Italia per il trattamento, ma non basta. È indubbio che il costo della terapia sia elevato se confrontato con
i farmaci tradizionali; tuttavia, l’impatto economico si ridimensiona se si considera che la terapia viene
somministrata una sola volta, soprattutto se si fa il confronto con terapie croniche somministrate per tutta la
vita. Di fronte a terapie che possono cambiare la storia naturale di malattie gravi come questa è fondamentale
garantire l’accesso a tutti i pazienti che ne abbiano bisogno, per quanto rari siano».


1 M. Migliavacca et al, “Long term and real world safety and efficacy of retroviral gene therapy for adenosine
deaminase deficiency”. Nature Medicine, 2024
2 A. M. Flinn and A. R. Gennery, “Adenosine deaminase deficiency: A review,” Orphanet Journal of Rare Diseases,
vol. 13, no. 1. BioMed Central Ltd., p. 65, 24-Apr-2018, doi: 10.1186/s13023-018-0807-5.
3 https://www.statista.com/statistics/253401/number-of-live-births-in-the-eu/
4 J. Heimalla & M. Cowan, “Long term outcomes of severe combined immunodeficiency: therapy implications”. Expert
Rev Clin Immunol. 2017 November ; 13(11): 1029–1040. doi:10.1080/1744666X.2017.1381558

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