(mi-lorenteggio.com) Bari, 16 giugno 2023 – Il fabbisogno formativo del personale sanitario degli ospedali italiani in tema HIV e la presenza, o meno, di pregiudizi nei confronti delle persone che vivono con questa infezione. Sono i temi della ricerca realizzata nell’ambito dell’iniziativa HIV Outcomes Italia – di cui Fondazione The Bridge supporta le attività – presentata a Bari, presso l’Università degli Studi “Aldo Moro”, nel corso della 15esima edizione di ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che ha visto la presenza di oltre mille tra specialisti e clinici, giovani ricercatori, infermieri, operatori nel sociale, volontari delle associazioni pazienti.
HIV Outcomes è l’iniziativa nata a livello europeo nel 2016 per ragionare su una nuova modalità di affrontare i bisogni delle persone sieropositive. Lo spin off italiano, attivo dal 2021, è rappresentato dai responsabili scientifici Mario Cascio, European AIDS Treatment Group (EATG) e Antonella D’Arminio Monforte, dell’Università di Milano.
“Nonostante siano passati ormai più di 40 anni dall’inizio di questa pandemia – ha affermato Mario Cascio – emerge chiaramente che esiste ancora lo stigma e che questo sembra essere correlato alla scarsa informazione sul tema. Ad esempio, quasi il 20% del campione del nostro studio, composto da più di 900 operatori tra OSS, infermieri, ostetrici e medici, crede che non sia possibile per una donna che vive con HIV partorire un figlio sano, mentre circa un quarto del campione non sa cosa significhi U=U, ovvero Undetectable = Untransmittable”.
Per Cascio è necessario “offrire interventi peer-to-peer e di comunità, focalizzati su popolazioni chiave, tra cui persone transgender, sex workers, persone che si iniettano droghe e persone incarcerate, per affrontare la discriminazione subita da chi vive con HIV. Bisogna, poi, fornire una formazione che consenta agli operatori sanitari di rilevare e identificare potenziali casi discriminanti. Ritengo, infine, che l’Ue debba fornire orientamenti agli Stati membri sulle azioni volte a combattere la stigmatizzazione e la discriminazione”.
Secondo Antonella D’Arminio Monforte “occorre adottare un approccio integrato, basato sugli outcome a lungo termine e centrato sul paziente. Utile, inoltre, espandere il monitoraggio nazionale della presa in carico a lungo termine delle persone che vivono con HIV e degli outcome. È poi fondamentale finanziare studi di coorte per fornire informazioni sulla salute a lungo termine di questi pazienti. Vogliamo migliorare la qualità di vita delle persone che vivono con HIV – ha sottolineato D’Arminio Monforte – e ciò significa migliorare la sostenibilità dei sistemi sanitari europei, attraverso la condivisione di best practices e approcci innovativi alla cura”.
Nel corso del lunch meeting “HIV Outcomes ITALIA – Beyond Viral Suppression from Europe to Italy and back” sono stati poi approfonditi gli obiettivi e i progetti in via di sviluppo di HIV Outcomes Italia, che a dicembre 2022 ha presentato al Parlamento europeo il documento “Policy Asks Enhancing long-term health and well-being among people living with HIV”, evidenziando quattro aree chiave in cui è necessario intervenire per migliorare la salute e il benessere delle persone con HIV, ovvero la prevenzione, il trattamento e la gestione delle comorbilità, l’invecchiamento con HIV, la misurazione degli esiti riferiti dal paziente (PROs) e monitoraggio della HRQoL (Healt related quality of life) e la lotta allo stigma e alla discriminazione.
Alla Conferenza ICAR Fondazione The Bridge ha illustrato, infine, la ricerca “Health and prevention in transgender people”, condotta presso associazioni e centri clinici di infettivologia e ha poi presentato il poster “Aging and HIV: between gaps and perspectives”, sul tema dell’invecchiamento con HIV.
Per la Presidente di Fondazione The Bridge, Rosaria Iardino, “HIV e Aids in Italia devono tornare a essere temi dibattuti e destinatari di scelte strategiche di politica sanitaria. L’obiettivo prioritario è quello di migliorare la qualità della vita dei pazienti e il loro accesso alle terapie. Serve innovazione e un cambiamento nell’approccio clinico all’infezione e alle patologie ad essa collegate”.
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