di Paolo Galassi, presidente A.P.I. L’Associazione delle Piccole e Medie Industrie di Milano, Monza, Pavia, Lodi e Bergamo
Come ogni anno mi trovo a tracciare un bilancio sulle PMI associate. Francamente ogni volta, con l’ottimismo che contraddistingue noi imprenditori, spero sia positivo, con segni più e continua crescita per l’anno successivo.
Invece, stavolta si aggiunge a quel segno meno, il dramma della pandemia da Covid-19, che ha caratterizzato il 2020, annus horribilis per cittadini, lavoratori e imprese.
Una tempesta perfetta, che sta destabilizzando il mondo, che ha travolto il nostro Paese e ci ha visti tutti impegnati nella salvaguardia della salute e, anche, dei posti di lavoro.
Ci chiediamo se le Istituzioni abbiano compreso pienamente la portata dell’emergenza. Anche nei giorni scorsi abbiamo inviato l’ennesima lettera per chiedere di agire, di sostenere tutti i settori, soprattutto quelli “dimenticati” dai vari decreti.
Batteranno un colpo? Il mondo industriale avrà risposte? Mah. Di certo noi imprenditori siamo stanchi e stufi.
Per questo il bilancio 2020 ha un valore ancora più grande; nelle scorse settimane l’Ufficio Studi di A.P.I. ha intervistato le imprese. Lascio parlare i numeri, che dimostrano l’urgenza di azioni concrete.
Partiamo dai dati del primo semestre. Le imprese associate, hanno registrato perdite di fatturato fino a oltre il 70%, sono stati richiesti ammortizzatori sociali da oltre 500 imprese per circa 10.000 lavoratori. Il 90% di queste ha anticipato il dovuto ai collaboratori per non lasciare le famiglie senza reddito, ma hanno dovuto fare i conti con i ritardi nei pagamenti dei clienti e gli insoluti, che hanno innescato una spirale negativa senza uscita.
E oggi?
Nell’ultimo trimestre abbiamo registrato un calo delle richieste di ammortizzatori sociali, ma solo perché le PMI spingono per lavorare, per evadere gli ordini, per garantire la vita dell’impresa e dei posti di lavoro. Lo stanno, però, facendo in maniera schizofrenica con ordinativi che arrivano oggi da evadere entro domani, senza poter pianificare neppure a breve termine.
Alla domanda “a seguito dell’emergenza Covid-19 come valuta la situazione aziendale?” Il 13% ha risposto positivamente; il 55% negativamente; il 29% ritiene sia uguale agli anni scorsi; il 3% non ha voluto commentare.
Alla domanda “i prossimi mesi saranno caratterizzati da?” proseguono dati dai quali emerge incertezza per il 68%, contrazione per il 26%, mentre solo per il 6% crescita.
Le esportazioni nel corso del 2020 hanno registrato un calo per il 53% delle PMI. Un dato significativo, soprattutto per la Lombardia.
Alla domanda “come prevedete di chiudere l’esercizio in corso?” il 58% ha detto in perdita; in pareggio il 24%; con un lieve utile il 18%, alcuni non hanno risposto.
Inoltre, l’82% degli imprenditori si aspettava di più dalle Istituzioni, dopo la pausa estiva, per sostenere l’industria.
Incertezza, scarsa capacità politica di fare provvedimenti utili e di usare i fondi UE, unite alla difficoltà e complessità nell’erogazione, sono le cause che non fanno arrivare i “soldi” alle PMI.
Questi sono gli elementi del clima su cui si basano le scelte o non scelte delle imprese.
Quindi ribadisco: Governo ed Enti locali si sveglino, ascoltino le parti sociali, agiscano nell’interesse collettivo. Perché se vogliamo che l’Italia viva dobbiamo essere forti e per esserlo le imprese devono prosperare.
Così si genera il circolo virtuoso che crea posti di lavoro e benessere per tutto il Paese. Così si costruisce il futuro dei giovani.
Saremo ascoltati?