(mi-lorenteggio.com) Milano, 27 gennaio 2019 – Calo di lettori (in vent’anni le vendite dei quotidiani sono scese della metà), di pubblicità, ma anche di professionalità nell’informazione sono tra le cause e gli effetti della crisi della carta stampata e in parte anche della televisione con un pubblico, in grande maggioranza giovani, che si documenta sui social, miniera inesauribile di disinformazione. Limitandoci alle responsabilità della categoria degli informatori professionali va detto che talvolta il giornalista si abbevera a fonti di parte senza avere la voglia, o la possibilità, di controllarne l’attendibilità. Nel Dopoguerra il caso più clamoroso è quello della bufala (gli anglofili la chiamano fake news) delle armi di distruzione di massa, mai esistite, che giustificò la guerra in Irak di Usa e alleati e i conseguenti decenni di destabilizzazione del Medio Oriente con centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi dei quali l’Europa sopporta le conseguenze.
“Le informazioni tendenziose e ideologicamente orientate, come ad esempio quelle che individuano nei profughi il capro espiatorio di tutti i mali d’Europa, sono deboli. Soprattutto non sono un aiuto a comprendere la realtà nella sua verità più profonda”. Lo ha affermato mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, all’incontro dal titolo “Il futuro dell’informazione, i giornalisti di domani” organizzato all’Istituto dei ciechi dall’Ufficio Comunicazioni sociali della diocesi, in collaborazione con Ucsi Lombardia in occasione della Festa del Patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione San Francesco di Sales.
Per Delpini “il buon giornalismo deve favorire relazioni, non contrapposizioni dialettiche. Per esprimere un giornalismo di pace è necessario tuttavia esporsi, se davvero si vuole difendere il bene comune, che non è mai gratuito e a buon mercato”.
Rispondendo a una domanda sul suo rapporto con i social, l’arcivescovo ha poi ricordato che al recente Sinodo dei vescovi sui giovani, con 250 vescovi provenienti da tutto il mondo, si è osservato che “i giovani nel mondo vivono in condizioni sociali e culturali molto diverse, ma una cosa li accomuna: tutti abitano sui social”. In questo senso bisogna “abitare i social, la tv, la carta stampata proponendo il bene, cose buone: sono convinto che il bene fa bene e convince”. Concludendo con l’invito di dare vita a un giornalismo “made in Italy”, a una via italiana al giornalismo di qualità.
Il pres. di Europasia Achille Colombo Clerici con Alessandro Galimberti
L’incontro è stato introdotto da don Walter Magni, portavoce dell’Arcivescovo e responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi. Sono seguiti interventi di Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, di Fausto Colombo (direttore del dipartimento di Scienze della comunicazione della Cattolica), Claudio Lindner (vicedirettore del Master in giornalismo “Walter Tobagi” all’Università degli Studi), Marco Lombardi (direttore della Scuola di giornalismo della Cattolica) e Ugo Savoia (coordinatore didattico del Master in Giornalismo alla Libera università di lingue e comunicazione – Iulm). Moderatore Alessandro Zaccuri, giornalista di Avvenire. Quindi un dialogo tra Delpini e sei allievi delle tre scuole di giornalismo milanesi. L’evento è stato seguito, oltre che da RaiTre e da numerose testate giornalistiche milanesi, anche da TvChina e ChinaFm.
B. S.